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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2012 alle ore 14:33.

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«Caro Roberto, la giornata di giovedì è stata una bella pagina di confronto civile e sentito sui temi importanti che il Manifesto per la cultura del Sole ha lanciato. Credimi, dopo tanto tempo, mi sono sentita cittadina di un'Italia problematica e sofferente, ma pensante, critica e desiderosa di ricostruire il proprio futuro. Mi ha colpito il riferimento all'effetto benefico sociale della cultura per la terza e quarta età. Ho pensato a quante competenze (sprecate) di cinquantenni (istruiti) snobbati dal mercato (serio) del lavoro potrebbero confluire in progetti semplici di osmosi dei saperi: nelle scuole, nella formazione degli adulti.

Un Paese che guarda alla cultura e alla ricerca come leva per lo sviluppo, non può tralasciare "distrattamente" questa emergenza sociale, che colpisce prevalentemente le donne (come me)... da qui, da questo dibattito produttivo, voglio crederlo, possiamo riprendere a mettere in fila cose concrete per l'Italia dei nostri figli». Una lettera più intensa non mi poteva capitare di riceverla perché viene da una persona a me cara con la quale ho condiviso, diciotto anni fa, una stagione difficile di lavoro che mi fece conoscere l'esperienza (educativa) della disoccupazione e perché fotografa come meglio non si potrebbe lo spirito degli Stati Generali della cultura che abbiamo voluto aperti a tutti (dico tutti) in un teatro pieno di storia nel cuore di Roma, come l'Eliseo.

Abbiamo voluto che gli uomini di governo si misurassero con le nostre proposte e il disegno strategico di una politica civile ed economica che ponga stabilmente al centro il capitale (dimenticato) dei suoi beni artistici e monumentali, la cultura scientifica e la ricerca, la tutela del paesaggio, ma potessero percepire in presa diretta la gravità del problema che si esprime oggi con la voce (dura) della protesta e riguarda, purtroppo, non più solo i giovani. Un teatro gremito, in platea e nei palchi, e tutti gli spazi occupati anche nelle sale adiacenti del piccolo Eliseo, dalla mattina alla sera, rivelano capacità di attenzione e sensibilità diffuse su un tema che appartiene al passato cosmopolita di questo Paese ma, a ben vedere, racchiude in sé le ragioni (profonde) del suo futuro. Ci sono volute la passione civile e la visione politica di Giorgio Napolitano per sciogliere le proteste della mattinata in un lungo, caloroso, applauso e tracciare la rotta di un mondo nuovo che riconosca finalmente i suoi tesori, li custodisca e valorizzi concretamente. Cultura e scienza parlano alla testa e al cuore degli italiani , restituiscono l'orgoglio di sentirsi cittadini «pensanti, critici e desiderosi di ricostruire il proprio futuro». Non ci possiamo permettere di deluderli.

roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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