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Questo articolo è stato pubblicato il 10 agosto 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 10 agosto 2014 alle ore 13:57.

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Molte proposte della psichiatria del secolo scorso (a Bleuler e Kraepelin dobbiamo aggiungere Kurt Schneider) sono sopravvissute fino a noi. La diagnostica psichiatrica è sempre in movimento. Il Dsm-5 ha inserito la diagnosi di schizofrenia in un capitolo unico chiamato «Disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici», a indicare l'esistenza di un "gradiente" di psicopatologia. I sottotipi previsti dal Dsm-4 (paranoide, disorganizzato, catatonico, indifferenziato, residuale), alcuni di kraepeliniana memoria, sono stati eliminati a causa della loro limitata stabilità, poca attendibilità e scarsa validità. Del resto, introducendo l'edizione italiana del Dsm-5, Mario Maj scrive che «i criteri operativi per la schizofrenia rappresentano l'esempio più evidente di quell'ipersemplificazione psicopatologica più volte individuata come l'aspetto più negativo del Dsm-3 e delle successive edizioni del manuale». La schizofrenia è così proteiforme da legittimare non solo l'ipotesi dello spettro, ma anche quella, bleuleriana, di una famiglia di disturbi. Ancora Maj parla di «puzzle diagnostico della schizofrenia». Il dubbio sul disegno finale contiene la certezza che alcuni tasselli Bleuler li aveva riconosciuti e posizionati.
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Eugen Bleuler, Trattato di psichiatria, Editrice La Scuola, Brescia, pagg. 1.112,
€ 59,00

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