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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2014 alle ore 08:13.
C'è qualcosa di paradossale in quello che sappiamo sui buchi neri. Da un lato, sono diventati oggetti "normali" per gli astronomi. Li osservano, li contano, li misurano. Se c'è ancora sorpresa, è solo per quanto si comportino esattamente come prevede la teoria scritta da Einstein un secolo fa, quando ancora nessuno sognava che cose così buffe potessero esistere. Dall'altro sono ancora misteriosi; una finestra aperta verso il mistero. Da un lato una bellissima teoria, la relatività generale di Einstein confermata in maniera spettacolare dalle osservazioni astronomiche, e un parco giochi strepitoso per astronomi e astrofisici, dove osservare e studiare questi mostri che inghiottono stelle, girano vorticosamente, producono raggi potentissimi, e simili diavolerie. L'universo è sorprendente, variegato, pieno di cose che non potevamo prima neppure immaginare, ma comprensibile. Dall'altro, un «ma». Una domandina di quelle che fanno i bimbi quando i grandi si entusiasmano troppo: «Ma dove va a finire la materia che vediamo cadere dentro i buchi neri?».
Qui iniziano i guai. La teoria di Einstein dà una descrizione matematica precisa ed elegante anche dell'interno dei buchi neri, quindi possiamo usarla per sapere il percorso della materia che cade nel buco. Le equazioni ci dicono che la materia cade sempre più veloce fino al punto centrale. E poi... poi le equazioni di Einstein perdono ogni senso. Non ci dicono più nulla. Si sciolgono come neve al sole. Tutte le variabili diventano infinite e nulla ha più senso. Ohi. Cosa succede alla materia che cade nel centro del buco? La teoria di Einstein non sa rispondere. Semplicemente: non lo sappiamo. La vediamo cadere con i telescopi, seguiamo poi con il pensiero il suo percorso fino quasi al centro, e poi non lo sappiamo più. Dobbiamo riconoscere la nostra ignoranza. Sappiamo come sono fatti i buchi neri fuori e dentro, ma manca un dettaglio: il centro. Solo che non è un dettaglio da poco, perché tutto ciò che cade (e nei buchi neri che vediamo nel cielo continuano a cadere cose) tutto finisce nel centro. Il cielo è pieno di buchi neri dove vediamo cadere cose... che non sappiamo dove vanno a finire.
Le strade esplorate per rispondere a questa domanda sono le più azzardate: forse la materia emerge in un altro universo? Forse anche il nostro universo è nato da un buco nero apertosi in un universo precedente? Forse nel centro del buco nero tutto si fonde in una nuvola di probabilità dove spazio tempo e materia non significano più nulla? Oppure i buchi neri irradiano calore e misteriosamente la materia che entra si trasforma in calore negli zilioni di anni a venire? Se vi sembrano ipotesi strampalate, beh, sembrano tali anche a me e a diversi fra i miei colleghi; ma vi sono serissimi scienziati in prestigiosi centri di ricerca che provano lo stesso a studiarle.
A Marsiglia, nel gruppo di ricerca dove lavoro, insieme a colleghi a Nijmegen in Olanda e a Grenoble, stiamo esplorando una strada diversa, che a noi sembra più semplice e plausibile. La nostra idea è che la materia rallenta e si ferma prima di arrivare al centro. Quando è concentratissima, si sviluppa, pensiamo, una pressione fortissima che le impedisce di collassare ulteriormente. Questa pressione è simile alla "pressione" che impedisce agli elettroni di cadere sugli atomi: è un fenomeno quantistico. La materia smette di cadere e forma una specie di stella piccolissima e densissima. Una «stella di Planck». E poi? Poi fa quello che fa sempre la materia in questi casi: rimbalza.
La materia che cade nel buco poi rimbalza, come una palla sul pavimento. Ed esce. Come la palla che rimbalza segue il percorso di caduta ma all'inverso nel tempo, così il buco nero si trasforma (in gergo si dice «per effetto tunnel») nel suo inverso: un buco bianco. Cos'è un buco bianco? È un'altra soluzione delle equazioni di Einstein (come i buchi neri) di cui il mio libro dell'università diceva che «non c'è nulla di simile nel nostro mondo reale»... Una regione di spazio dove nulla entra e da cui le cose escono. Un buco nero al contrario. Un buco che esplode. Ma allora perché vediamo la materia cadere nei buchi neri e non la vediamo subito rimbalzare fuori? La risposta, e qui è il busillis della faccenda, è nella relatività del tempo. E a me sembra bellissima.
Sappiamo che il tempo non passa dappertutto alla stessa velocità. Gli orologi, come tutti i fenomeni fisici, vanno più lenti in pianura che in montagna. Se sono in montagna e guardo un orologio giù in pianura, lo vedo andare più lento dell'orologio che ho con me. Il tempo, rallenta se sono più in basso, dove la gravità è più intensa. Dentro un buco nero la gravità è fortissima, e questo rallentamento del tempo è feroce. Il rimbalzo della materia che cade avviene velocemente, visto da qualcuno che sia lì vicino (ammesso che qualcuno abbia il fegato di andare a vedere un buco nero dal di dentro). Ma visto da fuori tutto avviene rallentato. Rallentato enormemente. Vediamo le cose sparire, e svanire alla nostra vista per un tempo estremamente lungo. Visto da fuori, tutto sembra congelato per milioni di anni: appunto come i buchi neri che vediamo nel cielo.
Ma un tempo lunghissimo non è un tempo infinito, e dopo l'attesa necessaria vedremo la materia che esce. Un buco nero quindi alla fine non è altro che una stella che collassa e poi rimbalza, vista, dall'esterno, al rallentatore. Questo non è possibile nella teoria di Einstein, ma la teoria di Einstein trascura gli effetti quantistici. La meccanica quantistica permette alla materia di uscire dalla trappola nera. Dopo quanto tempo? Dopo un tempo brevissimo per la materia che è caduta nel buco nero, lunghissimo per noi che osserviamo da fuori.