Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2014 alle ore 08:15.

My24

Nozioni di teoria e calcolo della probabilità, ora assenti dalla nostra formazione scolastica, sono alla base della formazione di cittadini maturi capaci di prendere decisioni ponderate Viaggiando in treno, seduto alla mensa universitaria, e in diverse altre occasioni mi è capitato di sentire commenti sulla bellezza della matematica e sulla sua utilità. Questo anche da persone che subito dopo, cambiando discorso, esprimevano sconcerto per non aver giocato al lotto i numeri che avevano sognato.
Ma serve davvero la matematica tra la cultura di base? L'importanza di questa disciplina non va data per scontata. Men che meno liquidata con quei retorici aggettivi che esorcizzano la paura che essa incute senza guarirla. Insegnando matematica ho trovato molto più efficace partire dalla tesi provocatoria che essa non serva a nulla, tanto è vero che quasi nessuno la usa, e smontarla progressivamente con esempi circostanziati.
Quali sono le conoscenze matematiche di base che la scuola dell'obbligo deve fornire per favorire la crescita di un buon cittadino? La tesi che intendo illustrare in questo breve spazio è che tra esse sarebbero molto utili alcune nozioni di teoria (e calcolo) della probabilità che risultano invece praticamente assenti dalla formazione scolare del nostro paese.
La Matematica entra nel curriculum scolastico dell'era moderna nel 1795, per la precisione tra i corsi dell'Ecole Normale di Parigi «dove saranno chiamati (articolo 1 del comitato di istruzione pubblica) i cittadini istruiti per apprendere l'arte di insegnare dai migliori professori». Il corso di matematica, tenuto da Lagrange e Laplace ha in programma nozioni di base su misure, numeri, algebra, geometria, analisi, meccanica classica e calcolo delle probabilità. La presenza di ciascuna di queste parti viene motivata dai due docenti nella memorabile lezione introduttiva. La probabilità viene vista come strumento utile nella vita dei cittadini (non più sudditi!) per comprendere come le scelte di ognuno si riflettano nello stato sociale. Il ruolo della matematica nella cultura umana e la rilevanza della probabilità nell'educazione civica del cittadino era stato fortemente guidato da Condorcet.
L'istruzione pubblica nel nostro paese, soprattutto nelle sue parti scientifiche, non è nata sotto gli stessi auspici anche se, ironia della sorte, Lagrange (Giuseppe Lagrangia) era di Torino, l'archetipo dei nostri cervelli in fuga. Da noi lo studio della probabilità non è mai entrato, nei fatti, a far parte dei programmi della scuola. Ci si rende conto di ciò durante il primo anno di corsi universitari. Ma più ancora il dato emerge dai test internazionali e nazionali. Guardando dapprima alle competenze matematiche generali negli adulti (Ocse) risulta che l'Italia è penultima in Europa seguita solo dalla Spagna. Spiegare il risultato come conseguenza di un contesto culturale tradizionalmente avverso alle scienze dure è fuorviante. Nel nostro caso infatti, a differenza della Spagna, è la generazione dai 25 ai 45 a trascinarci verso il basso mentre quella dai 45 ai 65 si difende bene. È quindi il nostro sistema educativo dell'ultimo quarto di secolo, con il suo eccesso di reiterate riforme e cronico difetto di vere idee riformatrici, ad avere fallito. Ma da una analisi recente risulta che le nozioni probabilistiche vanno anche peggio. «Per decidere chi lava i piatti Livia, Lorenzo e Marco lanciano due monete. Se vengono due teste li laverà Livia, due croci Lorenzo mentre se vengono una testa e una croce li laverà Marco».
I nostri test nazionali mostrano che solo il ventitré percento degli studenti della scuola media italiana sa capire che Marco laverà i piatti con probabilità doppia rispetto agli altri. Quegli studenti non sanno vedere che Marco è in condizione di svantaggio. È triste capire che in età adulta essi non riusciranno a difendersi in situazioni simili. Potrebbero per esempio non riuscire a difendersi da un governo che, perso ormai ogni ruolo di buon genitore, propina loro giochi d'azzardo sempre e ovunque, assorbendo ogni anno l'equivalente di oltre tre manovre finanziarie.
Una cultura probabilistica elementare, acquisita risolvendo in età scolare esercizi simili a quello sopra riportato, permette di capire che in ogni caso sarà sempre il banco a vincere mentre il giocatore perderà quasi sistematicamente. Non servirà quindi rifare i calcoli a ogni nuovo gioco d'azzardo perché la cultura è una conoscenza sintetica che permette, con sole considerazioni logiche, di evitare la ripetizione analitica del calcolo. Condorcet già spiegava l'impatto della cultura probabilistica nella politica, nella giurisprudenza e in molti altri campi. La nascita delle scienze cognitive di qualche decennio fa gli ha dato ragione anche se il suo sogno stenta ancora a realizzarsi.
È certamente vero che la probabilità è controintuitiva. A differenza di altre parti della matematica quali la geometria essa non ha il supporto dell'intuito. Sin dai primi mesi di vita si eseguono infatti esperimenti geometrici come i movimenti nello spazio, la rotazione di oggetti eccetera, mentre nessun bambino fa esperimenti di probabilità. Per insegnare la disciplina in età evolutiva sarebbe utile vedere gli esiti dei lanci di tante monete ripetuti molte volte. Questo e altri esperimenti per lo studio delle leggi dei grandi numeri sono oggi, in versione simulata ma altrettanto efficace, alla portata di tutti grazie a internet e alla diffusione degli strumenti elettronici come computers, tablets e smartphones. L' arricchimento della cultura scientifica potrebbe essere uno splendido effetto collaterale della informatizzazione capillare che stiamo vivendo. Ovviamente pensare che il computer da solo basti a raggiungere questo risultato e invocarlo come parola chiave nella riforma della scuola è, nel migliore dei casi, solo una illusione.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi