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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2014 alle ore 18:10.
L'ultima modifica è del 19 ottobre 2014 alle ore 18:19.

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San Gerolamo, 1610, Roma Galleria NazionaleSan Gerolamo, 1610, Roma Galleria Nazionale

In questa stessa linea si pongono le schede informative incastonate nel commento. Facciamo solo un paio di esempi a caso. C'è una frase di Gesù nel celebre Discorso della Montagna che suona così: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi» (Matteo 7,6).
Divenuto quasi un proverbio o forse già all'origine un aforisma adottato e adattato da Gesù, questo detto ha ricevuto diverse interpretazioni che la scheda di pag. 51 cerca appunto di illustrare. Così, per quanto riguarda il curioso “biglietto” che s. Paolo indirizza all'amico Filemone e che concerne uno schiavo latitante di nome Onesimo, si allega un riquadro sullo status giuridico (e la relativa sorte) dello schiavo fuggitivo nel diritto romano.

Parlavamo sopra di due movimenti. Oltre a quello finora descritto che risale al livello della stesura del testo da parte dell'autore, c'è da considerare anche il transito al lettore di oggi, un passaggio capitale soprattutto nel caso di uno scritto sacro che di sua natura non è meramente informativo ma performativo. Ecco, allora, la necessità di illustrare nel commento e nelle stesse schede la dimensione teologica e spirituale della sezione testuale o del passo considerato. Così, ad esempio, nel capolavoro di Paolo, la Lettera ai Romani, l'approfondimento viene riservato alle categorie teologiche dipanate nello sviluppo del discorso che l'Apostolo esprime e puntualizza col linguaggio da lui elaborato e connotato (giustificazione, grazia, legge, carne, peccato e così via).
Naturalmente a ognuno dei cosiddetti “libri” che compongono il Nuovo Testamento – in realtà alcuni sono semplici biglietti o fogli pastorali, come nel caso della citata Lettera paolina a Filemone o della Seconda e Terza Lettera di Giovanni o di quella di Giuda – è premessa un'ampia introduzione. Essa è come la mappa testuale o, se si vuole, la chiave di lettura che impedisce al lettore di entrare negli scritti sacri senza la necessaria strumentazione generale previa. Il tutto è affidato a un dettato accurato ma anche molto trasparente, così da dimostrare la validità del motto coniato da Thomas Fuller, storico inglese del Seicento: «Tutto è difficile prima di essere semplice» (così nella sua Cosmologia). Con questo sussidio ponderoso si potrà evitare lo skándalon, l'inciampo da cui siamo partiti. È interessante rievocare, infatti, la finale dell'episodio di Cafarnao citato in apertura. L'evangelista Giovanni ci conserva la memoria di un breve dialogo che suggella l'oscurità di quel momento introducendo uno squarcio di luce nello sconcerto dei discepoli: «Disse Gesù ai Dodici: Volete andarvene anche voi? Gli rispose Simon Pietro: Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio» (6,67-69).

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