Cultura-Domenica CinemaUna Foresta di ghiaccio sin troppo «noir»
Una Foresta di ghiaccio sin troppo «noir»
di Eugenio Bruno | 24 ottobre 2014
Quando il punto di forza finisce per diventare un elemento di debolezza. Stiamo parlando della Foresta di ghiaccio e della definizione di “film di genere” che lo accompagna da quando è stato selezionato per il Festival di Roma. Il secondo lungometraggio di Claudio Noce, che è stato presentato ieri nella sezione Cinema d'oggi, sembra così incentrato a rispettare i canoni del noir (il genere di cui sopra) da non prendere in considerazione tutto il resto.
A cominciare dal ritmo che dopo un inizio accattivante - grazie all'ambientazione in alta montagna al confine tra Italia e Slovenia che ricorda molto da vicino quella di Come Dio comanda di Gabriele Salvatores - perde via via colpi. Proprio il confine è l'elemento centrale del film. In tutte le sue declinazioni: c'è quello geografico tra Italia e Slovenia, quello etnico tra le repubbliche dell'ex Jugoslavia, quello economico tra nord e sud del mondo e quello più generale tra bene e male. A turno ognuno di essi viene attraversato da tutti i protagonisti della pellicola: i due fratelli impegnati in strani traffici (Lorenzo interpretato da Adriano Gianni e Secondo a cui presta il volto Emir Kusturica), il giovane tecnico Pietro (Domenico Diele) che è giunto in paese per riparare il guasto alla centrale idroelettrica locale e la poliziotta slovena Lana (Ksenia Rapaport), che indaga sulla morte di una ragazzina di origini libiche.
Una tale abbondanza di volti e di temi avrebbe richiesto una sceneggiatura più uniforme. E invece l'intero plot soffre di alti e bassi. A una lenta e faticosa salita della prima parte, in cui l'autore si limita a disseminare qualche indizio (e qualche trappola) per lo spettatore, segue una discesa fin troppo rapida. Che neanche un uso un po' troppo ricorrente allo slow motion riesce ad arrestare. Ne viene fuori una tale successione di finali e sottofinali che finiscono necessariamente, come il genere impone, per spiazzare la platea. Resta da capire quanto volontariamente.