Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2014 alle ore 13:06.
L'ultima modifica è del 24 novembre 2014 alle ore 14:07.

Ma il meglio viene dopo: Manzoni avrebbe corretto il Seicento con l'Ottocento, affermazione che nasce dentro un'idea d'Ottocento, tutto ottimismo e fremiti patriottici, ancora più puerile, se possibile, della precedente. Ma davvero Vassalli crede che le verità del secolo possano riassumersi, che so?, nei versi del pur toccante Goffredo Mameli del nostro inno nazionale? L'Ottocento, dico, del gigantesco Leopardi, di cui il Novecento nichilistico è stato una semplicistica chiosa. E, appunto, di Manzoni: uomo di fede e, dice lui, del Risorgimento.

E così idealizzante da averci restituito una conclusione del romanzo, «con la nascita del l'industria», «rivolta più al secolo del l'autore e alle sue prospettive di sviluppo». Tralascio qui qualche altro suggerimento di lettura, per un ritratto di Manzoni che ne serbi almeno la complessità e il pessimismo irredimibile, da Il sistema di don Abbondio (1933) di Angelandrea Zottoli a Il romanzo senza idillio (1974) di Raimondi e La tabacchiera di don Lisander di Salvatore Silvano Nigro (1997). Mi chiedo se Vassalli abbia mai veramente letto il disincantato finale del romanzo, se ne abbia colto quel dettaglio polemicamente democratico, e insieme disilluso, quando, a proposito del nuovo marchese, che sta pranzando altrove con Don Abbondio, ma che vuole servire a tavola gli sposi, scrive: «V'ho detto ch'era umile, non già che fosse un portento d'umiltà. N'aveva quanta ne bisognava per mettersi al di sotto di quella buona gente, ma non per istar loro in pari».

Vassalli ricorda poi che, prima di scrivere La chimera, avrebbe voluto cimentarsi con Caterina Medici, bruciata viva nel 1617, col Federigo Borromeo manzoniano «corresponsabile di quel rogo». Ma aveva poi evitato di scontrarsi non solo con Manzoni: «Mi ero anche risparmiato la sorpresa e l'imbarazzo di arrivare in libreria nello stesso momento in cui ci arrivava un altro scrittore molto più famoso di me, con la stessa storia. Lo scrittore famoso era Leonardo Sciascia. Il suo libro La strega e il capitano uscì alla fine del 1989 (La chimera è del gennaio 1990) e riuscì a compiere il miracolo di parlare di Caterina Medici senza rimettere in discussione Manzoni e il suo Seicento. Senza urtarsi con niente e con nessuno.

Del resto, come stupirsene? Sciascia aveva raggiunto la popolarità raccontando una storia della sua terra: la Sicilia, in cui tutti potevano rispecchiarsi, tranne naturalmente i morti ammazzati dalla mafia; e dove tutti alla fine uscivano bene, anche (e, forse, soprattutto) i mafiosi». Che aggiungere a queste parole insinuanti e diffamatorie su uno Sciascia omertoso e filomafioso? Forse un solo dato: alla fine del 1989 Sciascia era già morto, mentre La strega e il capitano era uscita per Bompiani nel 1986, ben due anni prima che Vassalli cominciasse le sue ricerche storiche. Non c'è altro da dire.

Sebastiano Vassalli, La chimera, Rizzoli, Milano, € 16,00, pagg. 362

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi