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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2014 alle ore 08:15.

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Dal suo pulpito in Santa Croce, a Firenze, durante la Quaresima del 1425, Bernardino da Siena, predicatore potentissimo, recita il proprio sermone indirizzandosi alle vedove che lo ascoltano: «Vedove, anche se siete donne, cercate di comportarvi da uomini!». Per Bernardino le buone vedove sanno e devono essere «virili», tanto virtuose e capaci da essere «per metà uomini».
Certo è un'idea che può farci sorridere (o addirittura indignare se esageriamo con il politicamente corretto), ma Bernardino sottolineava a modo suo, con questa sorta di ibridazione di caratteri, la capacità delle buone vedove di far fronte alla difficile situazione, personale e sociale, nella quale si potevano trovare.
Ma che cosa vuol dire essere uomini e essere donne nel medioevo? Un libro ricchissimo di fonti, di esempi, come quello di Bernardino, di episodi, scritto da Didier Lett, Uomini e donne nel Medioevo. Storia del genere (secoli XII-XV), si pone questa domanda tutt'altro che banale e dalla risposta estremamente complessa. Non si tratta infatti di fare una storia delle donne o degli uomini, ma di osservare il mobile e dinamico costruirsi di identità, di modelli, di relazioni tra maschile e femminile in una determinata epoca. Lett parla esplicitamente di una storia del "genere", ma avverte molto opportunamente che il genere non è «un'invariante» e dunque va storicizzato. Dialogando a distanza appunto con gli «studi di genere», Lett mette in guardia dal rischio di attribuire al passato, in un tema così delicato, consapevolezze e strumenti del presente. Se oggi distinguiamo fra sesso, che rimanda al corpo di uomini e donne, genere, che «si riferisce alla mascolinità e alla femminilità, modelli identitari e di comportamento» e sessualità, relativa agli orientamenti sessuali, il medioevo non possedeva queste categorie di interpretazione e di costruzione del proprio pensiero.
Non solo: polarizzazioni tipiche della sociologia contemporanea, come privato e pubblico, o parità e disuguaglianza, rischiano di perdere valore di guida, di orientamento e di interpretazione di un'epoca che aveva i propri peculiari strumenti di autocomprensione, che sono il vero oggetto del lavoro storico.
Per Lett allora i «regimi di genere», cioè le articolazioni dei rapporti fra i sessi, non vanno assolutizzati, ma al contrario storicizzati, cioè studiati finemente nella loro peculiarità storica, che può essere anche instabilità e trasformazione e nella consapevolezza che in una stessa epoca possono essere compresenti anche regimi di genere diversi e non coincidenti.
In questo senso il libro è soprattutto un bell'esempio di ricerca storica e intellettuale, che ha il grande pregio di utilizzare fonti di diverso tipo, dalla teologia alla filosofia, dalla letteratura all'arte, all'agiografia e alla storia sociale.
Emergono così differenti livelli di analisi del tema. Pensiamo ai fondamenti della distinzione di sesso così come emergono soprattutto dalla riflessione sul primo uomo e sulla prima donna. Nella Genesi esistono chiaramente due racconti giustapposti della Creazione. Nel primo, Dio creò l'uomo a sua immagine e «maschio e femmina li creò», come in una sorta di primo androgino. Nel secondo racconto Dio plasma Adamo e solo dopo trae Eva dal suo fianco. Le risposte a queste due immagini sono state molto diverse tra loro. Per Agostino nel primo racconto si parla della creazione dell'«uomo interiore», cioè dell'anima, che assume gli aspetti maschili e femminili della natura umana in quanto tale e solo nel secondo racconto si parlerebbe dell'individuo sessuato: il femminile e il maschile esistono dunque dall'inizio, da prima dell'uomo e della donna.
Il rapporto tra quel femminile e maschile originari è stato visto anche come la relazione tra corpo e anima, che costituiscono gli elementi di qualsiasi essere umano e da cui discende una chiara gerarchia, con una svalutazione implicita dell'elemento femminile. Tuttavia non è così semplice e per i teologi del XII e XIII secolo, incluso Tommaso d'Aquino, Eva nasce «dal fianco» di Adamo, non dalla testa e non dai piedi, perché fosse chiaro che non è né serva, né padrona dell'uomo, ma sua compagna.
Se le radici filosofiche del problema restituiscono una complessità maggiore di quanto ci si potesse aspettare, anche i modelli identitari, per così dire, sono tutt'altro che monolitici. Rispetto alla mascolinità, ad esempio, ben diversa è la mascolinità del chierico, che si manifesta paradossalmente negando la sessualità e quindi professando un livello di superiore mascolinità nella lotta alle passioni, da quella del cavaliere che è fatta di coraggio ma soprattutto liberalità, cioè il rifiuto di tesaurizzare e di accumulare ricchezze, che è invece caratteristica dello status del mercante. Ancora diverso è il modello maschile plasmato dall'università, istituzione di soli uomini che però si pensa nei termini simbolici femminili della madre, alma mater, in cui l'essere maschio è relativo alla capacità di esercitare la ragione. Ancora diverso è poi l'essere maschio del contadino, selvaggio, quasi bestiale, ma in fine operoso.
Dal punto di vista simbolico, particolarmente interessante è il caso dei caratteri della santità, in cui maschile e femminile sono in una relazione particolare e la distinzione di sesso sembra poter scomparire. Sorprendente per la nostra sensibilità contemporanea è il racconto che viene fatto durante la canonizzazione di Chiara d'Assisi di una sua visione. Chiara sogna di salire una scala per raggiungere Francesco e detergergli il viso. Una volta raggiuntolo, Francesco si scopre una mammella e allatta Chiara con un latte che le pare d'oro. Naturalmente la lettura è allegorica, il seno è della Chiesa, il latte è il nutrimento spirituale, ma Francesco non è l'unico santo che allatta e che si appropria di una funzione biologica femminile, così come molte sante si mascolinizzano o per le loro azioni "virili" o anche per alcuni caratteri (come la barba che spunta a santa Wilgeforte, la «vergine barbuta», che in una variante agiografica assume il volto di Cristo).

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