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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2014 alle ore 08:14.

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Solerti funzionari in guanti bianchi prelevano da una cassaforte quaderni ingialliti, rilegati rozzamente e li mostrano, nel silenzio generale, al gruppo di giornalisti stranieri seduto ai tavoli disposti a ferro di cavallo.
È uno strappo alla burocrazia, questa volta, almeno, la testimonianza dei media è più che opportuna ma la tensione è palpabile davanti alle cicatrici della storia: ecco gli archivi di Nanchino, nati nel 1951, 329 volumi, oltre 340mila files, la prova regina dello "stupro" subito nel 1937 dall'allora capitale cinese per mano degli invasori giapponesi.
Pagine fitte di nomi, mappe, codici di guerra, la traccia di un odio senza fine passato di generazione in generazione.
La Cina chiede il suggello del riconoscimento di crimine contro l'umanità proprio attraverso quelle carte che dimostrano l'agonia di un intero Paese.
Quel lampo di odio si è riacceso negli occhi dei presidenti Xi Jinping e Shinzo Abe mentre nella Great Hall of People si scambiavano una storica, gelida, stretta di mano, a chiusura di due lunghi anni di schermaglie a distanza, fomentate da quegli eventi della storia sino-giapponese che dividono ancora profondamente i due Paesi.
Nel dicembre di quell'anno orribile, a partire dal 13, le acque del fiume Yang-tze che lambisce Nanchino in pochi giorni si gonfiarono di cadaveri putrefatti, trecentomila vittime secondo i cinesi, in pochi comunque scamparono all'eccidio. Finita la guerra i tribunali alleati ne contarono 167mila, di morti, ma il punto è che gli studiosi negazionisti si misero a smontare pezzo dopo pezzo l'intera tragedia.
Invano. Ieri la Cina che ha un'inestinguibile sete di verità riconosciuta, ha celebrato la prima giornata nazionale in onore delle vittime di Nanchino, nel luglio scorso ha ottenuto il placet per la candidatura degli archivi di Nanchino nel programma dell'Unesco "Memoria del mondo", ha aperto gli archivi ai taccuini e agli obiettivi dei cronisti stranieri. Vuole che si sappia e che si racconti cosa è successo in quei giorni del dicembre del 1937.
Lanciato nel 1992, il programma punta a conservare gli archivi e i documenti patrimonio dell'umanità, dalla Magna Charta al Capitale autografato da Carlo Marx ai diari di Anna Frank.
I cinesi, che hanno nove richieste pendenti, chiedono di inserire con forza gli archivi di Nanchino, la loro pratica più scottante, nella Memoria collettiva.
Ci vorranno mesi, la valenza politica della candidatura, stigmatizzata subito dai giapponesi che hanno chiesto, inutilmente, a Pechino di fare un passo indietro, è palese.
Il Comitato dell'Unesco dovrà valutare tutte le variabili, "Memoria del mondo" raccoglie manoscritti, documenti rari e registrazioni di storia orale che davvero abbiano una comprovata portata globale. Un sì per la Cina sarebbe vissuto dal Giappone come uno smacco terribile, soprattutto se ricalcasse alla lettera i desiderata cinesi.

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