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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2015 alle ore 08:14.

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Mosca. 14 aprile 1930.

Ore 10.25

Pavel Lavut, impresario e organizzatore delle serate di Majakovskij (il «cittadino» ha bisogno di denaro, il poeta di un uditorio – il più vasto possibile, e possibilmente giovane, di studenti, operai), arriva in leggero anticipo nell’appartamento di vicolo Gendrikov, dove gli è stato dato appuntamento per le 10.30. Suona il campanello più volte. La cameriera Paša: «Non l’ho visto, stamattina. Provate allo studio». Lavut telefona. Una voce maschile: «Vladimir Vladimirovič non c’è. Non c’è più».

Ore 10.35. Dal trentanovesimo Comando di polizia, sotto la cui giurisdizione si trova passaggio Lubjanskij, arriva l’ispettore di turno Kurmelev.

Ore 10.40. Lavut sale di corsa le scale. Sul pianerottolo e nell’ingresso si affollano i vicini, la porta della stanza-bara è aperta. Kurmelev lo lascia entrare. Il cadavere è ancora tiepido. L’impresario comunica per telefono la notizia alla Fosp, la Federazione delle Unioni degli Scrittori, al Comitato centrale del Partito...

Ore 10.50. Nelle redazioni dei giornali, nelle case editrici e negli appartamenti degli scrittori squillano i telefoni: «Majakovskij si è ucciso!». Incredulità, sgomento. C’è chi pensa: «Secondo il vecchio calendario oggi sarebbe il primo aprile. Deve essere uno scherzo, uno stupidissimo scherzo...».

Il letterato Michail Prezent, confidente e factotum – forse ”controllore” – di Dem’jan Bednyj («Dem’jan il Povero», lumpen-pseudonimo di un notissimo quanto mediocre e servile poeta), gli telefona: «Ma è vero?». «Sì» risponde il Povero con residenza al Cremlino. «Prima c’erano tre poeti. Adesso sono rimasto solo io». Nel ’25 si è impiccato Sergej Esenin. «Ve ne siete andato, / come si dice, / all’altro mondo. / Vuoto. / Volate, / fendendo le stelle» aveva scritto Majakovskij. E poi anche lui ha spiccato il volo... La concorrenza si elimina da sé…

Ore 11.00. «In seguito alle disposizioni» di qualcuno, un uomo di cui ignoriamo il nome entra nella stanza di Majakovskij. Più tardi, su un foglio di carta con il marchio «Tipografia dell’Aoms» (il Reparto amministrativo del Consiglio moscovita, sciolto agli inizi del ’30: rilasciava visti per l’estero, lottava contro la speculazione, vigilava sull’operato dei Vigili del fuoco, ecc.), scriverà un «Rapporto»: «Sono arrivato alle 11.00 sul luogo dei fatti. Ho trovato Kurmelev del trentanovesimo Comando, poi sono arrivati Ovčinnikov della Polizia criminale, Agranov, assistente del capo del Reparto operativo dell’Ogpu e vicecapo della Sezione segreta dell’Ogpu, Gendin, capo della settima Sezione controspionaggio, e il capo del Reparto operativo Rybkin».

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