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Sorrentino divide Cannes: tanti applausi e qualche fischio per «Youth - La giovinezza»

A Cannes è il giorno di Paolo Sorrentino: «Youth – La giovinezza», il nuovo attesissimo film del regista napoletano, è già uno dei titoli più discussi della kermesse di quest'anno.
Papabile per la conquista di un premio, la pellicola, ambientata in un albergo svizzero, vede protagonisti un regista ottantenne (Harvey Keitel), ancora deciso a girare film, e un coetaneo direttore d'orchestra (Michael Caine), ormai in pensione.

Durante il soggiorno, ricorderanno il loro passato, giudicheranno la vita dei propri figli e guarderanno con curiosità alla routine dei tanti ospiti dell'hotel.
Secondo lungometraggio in lingua inglese per Paolo Sorrentino (dopo «This Must Be The Place» del 2011), «Youth – La giovinezza», più che una semplice riflessione sulla vecchiaia, è una pellicola sul tempo che passa, sui rapporti umani e sull'origine della creazione artistica.

Stratificato nella messinscena e nella sceneggiatura, è un film coerente con la poetica del regista (delicata e grottesca allo stesso tempo) ma anche decisamente originale e del tutto diverso rispetto al celebrato precedente «La grande bellezza».
Tra una serie di divertenti siparietti tra i due protagonisti e vari momenti di buona potenza visiva, sono da annoverare anche diversi momenti di stanca e alcune ripetizioni narrative di troppo.

In ogni caso, un film che non lascia e non può lasciare indifferenti, come dimostra anche l'accoglienza avuta sulla Croisette: tantissimi applausi, ma anche qualche fischio.
In concorso è stato presentato anche il convincente «Mountains May Depart» del cinese Jia Zhang-ke.

Diviso in tre parti (il 1999, il 2014, il 2025), il film racconta di due amici d'infanzia che si contendono una ragazza, Tao. Lei sceglierà il più benestante dei due, lo sposerà e avranno un figlio, ma finiranno per divorziare.

Notevole melodramma dal forte respiro storico-politico, «Mountains May Depart» mostra ancora una volta il grande talento del suo autore che, dopo l'ottimo «Il tocco del peccato», è capace nuovamente di reinventarsi, stupire, emozionare.

Aperto da una bella sequenza sulle note di «Go West» dei Pet Shop Boys, il film riesce a sorprendere pur raccontando, in fin dei conti, una storia piuttosto semplice e prevedibile.
Ma il rigore delle immagini, l'importanza dei temi trattati (si parla con forza della situazione sociale nella Cina di ieri, di oggi e di domani) e un finale efficace riescono a nascondere i pochi dubbi percepiti durante la visione.

Dall'estremo oriente arriva anche «Taklub» del regista filippino Brillante Mendoza.
Inserito nella sezione Un Certain Regard, il film è ambientato nella città di Tacloban all'indomani del terribile tifone Haiyan che, a fine 2013, ha devastato l'intera zona circostante.

Mendoza segue la vita di tre personaggi e, come da sua abitudine, si affida a uno sguardo realistico, quasi da documentario, per raccontare tale tragedia.
Il regista, pur riuscendo a colpire e regalare immagini maestose nella loro drammaticità, gioca però un po' troppo di maniera e si affida eccessivamente alla retorica. Duro, ma imperfetto.

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