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Dall'Iran alla Cambogia, ritratti di ragazze infelici al Festival di…

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CINEMA

Dall'Iran alla Cambogia, ritratti di ragazze infelici al Festival di Locarno

Tanto cinema al femminile al Festival di Locarno 2015: dopo il film d'apertura «Ricki and the Flash» di Jonathan Demme, con Meryl Streep nei panni di una rocker di mezz'età, la kermesse svizzera ha presentato altre pellicole con protagoniste infelici e tormentate.
Tra queste, in concorso, ha trovato spazio «Paradise», opera prima dell'iraniano Sina Ataeian Dena.

Ambientato a Teheran, racconta di una ragazza di ventiquattro anni costretta a percorrere ogni mattina un lungo tragitto per andare a insegnare in una scuola elementare situata in un sobborgo. La giovane maestra è decisa a trasferirsi in città, ma il suo dossier si è arenato da qualche parte nello sconsolante sistema amministrativo iraniano. Presto, però, si renderà conto che i suoi problemi sono inferiori rispetto a quelli di alcune sue studentesse.

È un esordio duro e sentito (filmato senza alcun permesso del governo iraniano) quello di Sina Ataeian Dena, che vorrebbe farlo diventare il primo episodio di una trilogia sul tema della violenza.
I contenuti sono già visti (la condizione femminile, la difficoltà della crescita, gli orrori burocratici nell'Iran odierno) ma qualche interessante svolta narrativa rende la pellicola, comunque, abbastanza originale e dotata di una certa personalità.

Alla scolasticità visiva di molte sequenze, il neo-regista alterna saggiamente alcune inquadrature suggestive e perfettamente simmetriche, capaci di colpire lo sguardo dello spettatore: tra queste, svettano le tante immagini con al centro le bambine della scuola elementare, disposte in rigide file e costrette a compiere gli stessi movimenti.
Visti i contenuti importanti, potrebbe anche ambire a qualche premio del palmarès finale.
All'interno della sezione Cineasti del Presente, invece, è stato presentato «Dream Land» di Steven Chen.
Siamo in Cambogia e la protagonista è Lida, una giovane agente immobiliare che vende appartamenti a Phnom Penh.

Costantemente afflitta dalla complessa relazione con Sokun, un fotografo, decide di andare per qualche tempo a Kep, una cittadina costiera, insieme ad alcune amiche.
Anche in questo caso, si tratta di un'opera prima: il regista, nato a Chicago nel 1981, è un professore di architettura che, parallelamente alla sua principale attività, ha così avviato una carriera cinematografica.

Evidente, nel corso della pellicola, la sua predilezione per la rappresentazione degli spazi: Chen contrappone la metropoli in rapida crescita della prima parte ai luoghi naturali e decisamente più incontaminati della seconda metà, evita immagini da cartolina e punta all'essenza della fotografia, regalando anche alcune inquadrature di notevole fascino.
Peccato, però, che la sceneggiatura sia piuttosto inconcludente e la riflessione realtà-finzione sia irrisolta e poco interessante. Si poteva fare di più.

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