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Oscar a Ennio Morricone. Miglior film «Spotlight», una statuetta per DiCaprio

Ennio Morricone mentre riceve l’Oscar (Reuters)
Ennio Morricone mentre riceve l’Oscar (Reuters)

NEW YORK - Diciamolo, per noi il momento più commovente nella notte delle stelle a Hollywood è stato quando il nostro Ennio Morricone, fragile, anziano, ha parlato in italiano esordendo con un: «Buonasera, signori, buonasera», ringraziando per il suo primo Oscar che ha ricevuto ieri notte per la colonna sonora di «Hateful Eight», il film di Quentin Tarantino.

Morricone, autore per gli “Spaghetti Westerns” di Sergio Leone di alcune delle più celebri - e più riprodotte - colonne sonore nella storia della musica, e di mille altri testi musicali, ha avuto nella sua carriera ben sei nomination agli Oscar, senza vincere mai, con l'eccezione di un premio alla carriera: «Penso a John Williams, che ha fatto musiche bellissime - ha detto ancora Morricone - e ringrazio Quentin Tarantino per avermi incluso in questo film e Harvey Weinstein per averlo prodotto». Poi, un saluto affettuoso alla moglie Maria, in sala.

Miglior attore Leo DiCaprio, miglior film «Spotlight», film denuncia su abusi sessuali dei prelati a Boston.

Ma veniamo alla grande serata nel suo insieme, come sempre spettacolare, emozionante e quest'anno con qualche sorpresa a partire dal miglior film: ha vinto l'Oscar «Spotlight», un film-denuncia contro i preti pedofili, che racconta come il quotidiano Boston Globe ha faticosamente messo insieme un'inchiesta difficile, in un mondo fatto di collusioni, che ha portato alla luce gli abusi sessuali compiuti dai preti cattolici nella diocesi di Boston. Da quell'inchiesta, lo scandalo, uno dei più seri in America e nel mondo per la Chiesa Cattolica, si è allargato a tutti gli Stati Uniti. Nell'accettare la statuetta estasiato, il regista Tom McCarthy ha detto: «Spero che lo sforzo corale, che questo coro di applausi arrivi fino al Vaticano e fino a Papa Francesco, a lui dico, è ora di proteggere i bambini e ripristinare la fede».

L’Oscar come miglior attore è andato finalmente a Leonardo DiCaprio per «The Revenant». Un premio meritatissimo: DiCaprio è un grandissimo attore ma nonostante ben sei nomination non aveva mai vinto. Raggiante, ma “cool”, distaccato, ha lanciato un messaggio forte per l'ambiente, in effetti il film, con meravigliosi paesaggi e scene naturali incredibili è unico nel suo genere e per questo, per l'importanza dell'ambiente, Alejandro Inarritu si augurava di poter vincere la statuetta anche come miglior film. Si è dovuto “accontentare” dell'Oscar per miglior regista, che vince per il secondo anno consecutivo dopo la vittoria dell'anno scorso con «Birdman», una nuova conferma della grandezza di questo regista messicano. Ma il messaggio sull'ambiente lo ha dato lo stesso DiCaprio: «”The revenant” è un film sul rapporto tra l'uomo e la natura - ha detto -, il cambiamento climatico è reale. Sta capitando ora, è la sfida più urgente per la nostra specie, dobbiamo lavorare insieme e dobbiamo smetterla di procrastinare, non considero le nostre bellezze naturali e non considero scontati questa serata e questo premio».

L'Oscar come miglior attrice protagonista è andato a Brie Larson per «Room», un film drammatico e commovente. Infine, a sorpresa ma non troppo, sei Oscar, l'incetta maggiore di statuette, a «Mad Max: Fury Road», bellissimo film d'avventura che di nuovo porta un forte messaggio sull'ambiente con scene incredibili girate nel deserto libico. Si è aggiudicato: gli Oscar per i miglior costumi, la miglior scenografia, il miglior trucco e acconciatura, il miglior montaggio, il miglior montaggio sonoro, il miglior sonoro.

Questa serata degli Oscar, divertente ma come sempre lunga, è anche riuscita a esorcizzare la polemica razziale. Ricorderete la richiesta di boicottaggio da parte di alcuni protagonisti di Hollywood come il regista Spike Lee per la mancanza di “nomination” di attori o artisti afroamericani: il conduttore afroamericano Chris Rock ha ironizzato sulla protesta, alcuni interventi ad hoc hanno di nuovo scherzato sulla cosa e attori come Morgan Freeman o Whoopy Goldberg hanno contribuito, intervenendo durante la serata, a creare un clima più sereno sul fronte razziale. Ma in questa grande serata, sul piano dell'impegno sociale e di nuovo a sorpresa, c'è stato qualcosa di più: sul palco del Dolby Theatre è intervenuto il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Intervento dedicato a un'iniziativa del vicepresidente e di Obama contro la violenza sessuale, contro gli abusi e gli stupri. Biden ha poi introdotto una performance di Lady Gaga, «Till It Happens to You». Canzone bellissima, struggente, interpretata con una voce incredibile da Lady Gaga, lei stessa vittima di violenze sessuali.

In chiusura si sono uniti a lei una cinquantina di ragazze e ragazzi che hanno subito violenze sessuali che in America dilagano nelle scuole, nelle famiglie, nei luoghi pubblici. Un messaggio molto forte chiaramente legato alla decisione di premiare un film di denuncia in materia di abusi sessuali come «Spotlight». Il messaggio politico degli Oscar ha dunque preferito le violenze sessuali all'ambiente. Un messaggio politico chiarissimo, al punto che un giornalista della Cbs, Mo Rocca, ha twittato: «Gli Oscar sono ora più politici della politica e la politica è più di intrattenimento degli Oscar». Molto calzante, almeno a giudicare da quel che sta combinando Donald Trump, che ieri ha difeso la sua scelta di citare Mussolini: «Un giorno da leone vale più di cento anni da pecora». «Non mi importa chi l'ha detto - ha dichiarato Trump - mi importa il messaggio, che mi sembra molto valido».

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