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È il giorno dei fratelli Dardenne con «La fille inconnue»

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Festival di cannes

È il giorno dei fratelli Dardenne con «La fille inconnue»

Una scena del film «La fille inconnue»
Una scena del film «La fille inconnue»

A Cannes è il giorno dei fratelli Dardenne, registi belgi che sulla Croisette hanno già vinto due Palme d'oro: la prima con «Rosetta» nel 1999, la seconda con «L'enfant – Una storia d'amore» nel 2005.
Difficilmente faranno il tris con «La fille inconnue», film decisamente al di sotto delle loro potenzialità.

Protagonista è Jenny, un giovane medico che una sera, dopo aver sbrigato le ultime pratiche lavorative quotidiane, sente suonare al campanello del suo studio ma non risponde. Il giorno dopo la polizia la informa che una ragazza è stata trovata morta vicino al suo ufficio.

Come nel precedente «Due giorni, una notte» del 2014, lo stile dei Dardenne è decisamente meno incisivo rispetto a quello dei loro titoli migliori (si pensi anche a «Il figlio» del 2002): dalla cinepresa a mano, perennemente in movimento e fin soffocante, la loro messinscena si è spostata in una direzione più convenzionale, statica e priva del respiro precedente.

Le tematiche trattate sono ancora importanti (la sceneggiatura ruota attorno al tentativo della protagonista di dare un nome alla vittima), ma il senso di colpa che prova il personaggio di Jenny è reso in maniera piuttosto banale e ripetitiva.

Prolisso e ridondante, il film soffre di diversi passaggi a vuoto e i momenti realmente riusciti (più nella prima che nella seconda parte) sono davvero rari.
Discreta la prova della protagonista Adèle Haenel e degli interpreti di contorno, tra i quali ci sono diversi volti tipici del cinema dei fratelli Dardenne (da Olivier Gourmet a Jérémie Renier, passando per Fabrizio Rongione).
Sempre in concorso è stato presentato «Ma' Rosa» del filippino Brillante Mendoza.

Al centro una donna, Ma' Rosa, che ha quattro figli e gestisce un negozio in uno dei quartieri più poveri di Manila. Insieme al marito, però, si occupa anche dello spaccio di narcotici e avrà presto grossi problemi con la polizia locale.
Fatica troppo a carburare il film di Brillante Mendoza, regista interessante e profondo ma spesso vittima di gravi problemi di ritmo e di tempi di montaggio. Se la prima parte è addirittura respingente, col passare dei minuti si inizia a entrare nella vicenda, a rimanerne coinvolti e la crescita verso la conclusione è evidente.

Il risultato, così, è un film che funziona a metà, dotato di una fotografia realistica e di attori credibili, ma eccessivamente statico in diversi passaggi per poter convincere del tutto.
Infine, una menzione anche per «Aquarius» di Kleber Mendonça Filho con Sonia Braga.

L'attrice interpreta Clara, una vedova di 65 anni, nata in una famiglia benestante ed ex critica musicale ormai in pensione. È l'ultima abitante di un vecchio complesso residenziale, chiamato Aquarius: tutti gli altri inquilini se ne sono andati e i loro appartamenti venduti a una grande azienda che vuole risistemare integralmente la zona. Lei, però, non vuole lasciare la sua casa ed è pronta a lottare.

Attraversato da toni nostalgici, questo film brasiliano parte discretamente ma poi si perde all'interno della sua eccessiva durata. Gli spunti non mancano ma vengono troppo tirati per le lunghe e la sensazione è quella di trovarsi di fronte un prodotto troppo freddo per poter emozionare come avrebbe voluto. Bene Sonia Braga, ma non basta.

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