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Woodstock e l'Italia: chi c'era, chi dovrebbe e chi potrebbe…

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Woodstock e l'Italia: chi c'era, chi dovrebbe e chi potrebbe esserci stato

Woodstock, 1970. (Olycom)
Woodstock, 1970. (Olycom)

Tutto è cominciato per gioco. A Ferragosto su «Money, it's a gas!», blog di economia della musica del Sole 24 Ore, in coincidenza con il 47esimo anniversario del festival di Woodstock abbiamo lanciato una domanda nel flusso di coscienza collettivo del web: c'erano italiani tra il pubblico della celeberrima tre giorni di pace, amore e musica? Le risposte della rete, in termini di commenti, post sui social network e messaggi privati, sono andate ben oltre le nostre aspettative: è partita una tre giorni di aneddoti, leggende metropolitane e persino pettegolezzi perfettamente coerente con il mito del concerto più famoso di tutti i tempi.

Di testimonianze dirette (un «Io c'ero» convinto) ne abbiamo raccolta una sola: quella del discografico Lucio Salvini, ex direttore generale della gloriosa Ricordi e ad di Fonit Cetra, l'uomo che fu il destinatario del testo de «Il gatto e la volpe» di Edoardo Bennato. E che testimonianza: «Era agosto ma ero al lavoro – ricorda – in giro per gli Stati Uniti. A quell'epoca ero all'ufficio stampa della Ricordi. Venni a sapere di questo mega-concerto e chiamai a telefono la Atlantic, etichetta di cui in Italia pubblicavamo il catalogo». Nel giro di qualche ore Salvini si sarebbe trovato in macchina con i fratelli Ahmet e Nesuhi Ertegun, i due mitici produttori che quella label la fondarono, gente dalle cui biografie la serie tv «Vinyl» ha attinto a piene mani.

Dalle sei alle sette ore di macchina per coprire le circa 110 miglia che separano Manhattan da Bethel, causa «code d'auto che cominciavano a 70 miglia dal palco», poi l'appuntamento con la leggenda: «Dopo il primo giorno di festival, chi c'era cominciò a captare che stava accadendo qualcosa, che “tre giorni di pace, amore e musica” in quel caso era molto di più di un semplice slogan». Nel backstage Salvini trovò anche qualche vecchia conoscenza: «Trascorsi un po' di tempo con Joan Baez che in Italia era una nostra artista». E aspettava un bambino. Il discografico italiano, in ogni caso, era lì per lavoro: «Rimasi impressionato da Country Joe McDonald. Pubblicava per la Vanguard, stessa casa discografica della Baez, ma in Italia non lo avevamo distribuito per paura di fare flop. A Woodstock decisi che era arrivato il tempo di colmare quella lacuna».

Poi abbiamo le testimonianze indirette. Secondo Paolo Barotto, piemontese e grande appassionato di musica, anche Renato Nicolini, intellettuale di sinistra prestato alla politica, deputato per tre legislature e soprattutto inventore dell'Estate Romana alla fine degli anni Settanta, quando era assessore alla Cultura della Capitale, partecipò allo storico raduno della East Coast. Purtroppo è scomparso nel 2012 e non può fornirci ulteriori dettagli in prima persona. Se qualcuno a lui vicino tuttavia sa, lo aspettiamo a braccia aperte. Da Pisa Marco Masoni, che sul suo blog si dichiara «credente, musicante, autore, produttore artistico», ci racconta la straordinaria storia di Claudio Pitschen, «“marinaio” con la passione della fotografia, amico di gente incredibile, da Miles Davis a Cat Stevens, da Lucio Dalla a Gino Paoli», oltre che di mostri sacri della Beat Generation come Allen Ginsberg e Bob Dylan. «Di Woodstock – scrive Masoni – Pitschen mi diceva che ricordava un incredibile caos, che non si sentiva quasi nulla, che quando cantò Joan Baez quelli che dormivano (era notte) si svegliarono e rimasero in silenzio ad ascoltare quella voce incredibile. E che, quando finì lei, ci fu il diluvio. Come se il cielo si fosse commosso». Anche Pitschen purtroppo è scomparso, per cui stessa preghiera: se avete altri dettagli a riguardo, forniteceli.

In ultimo c'è il capitolo leggende metropolitane. C'è chi sostiene, per esempio, che tra il pubblico di Woodstock ci fosse Eugenio Finardi e chi il noto critico musicale Riccardo Bertoncelli. Siamo sicuri, ragazzi? All'epoca dei fatti – parliamo dell'agosto 1969 – i due diretti interessati avevano appena 17 anni. Ma senza l'incredibile che diventa credibile la leggenda non sarebbe leggenda. E allora, se avete altre storie, aneddoti, pettegolezzi o leggende metropolitane da sottoporci, restiamo in ascolto.

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