Cultura

Addio a Leonard Cohen, uno scrittore prestato alla canzone

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AVEVA 82 ANNI

Addio a Leonard Cohen, uno scrittore prestato alla canzone

Ha fatto in tempo a vedere pubblicato «You want it darker», il suo oscuro e sofferto testamento poetico-musicale, il suo grande amico Bob Dylan insignito del Nobel per la letteratura e Donald Trump eletto presidente degli Stati Uniti. Il mondo è cambiato da come credevamo di conoscerlo fino a due giorni fa e lui - con quella voce profonda come se arrivasse dall'Ade e quelle liriche capaci di innalzare pure una storiaccia di sesso ai Campi Elisi - è uno che ha contribuito in maniera fondamentale a costruire l'immaginario del mondo come lo conoscevamo fino a due giorni fa.

E adesso se ne va, lasciandoci per un motivo in più ancora più soli: muore a 82 anni d'età Leonard Cohen, poeta, romanziere, songwriter e folk singer canadese, membro di quell'elite internazionale di autori di canzoni le cui opere possono essere tranquillamente ascritte all'arte letteraria. Come lui giusto Zimmy, Joni Mitchell, George Brassens, il nostro Fabrizio De André e pochissimi altri. Lo annuncia la sua casa discografica, Sony Music, sulla pagina Facebook a lui dedicata. «Con profondo dolore – si legge - comunichiamo che il leggendario poeta, cantautore e artista Leonard Cohen è morto. Abbiamo perso uno dei più prolifici visionari. Una commemorazione si terrà a Los Angeles fra qualche giorno. La famiglia richiede privacy nel suo periodo di dolore», prosegue la nota.

Uno scrittore prestato alla canzone
Nel suo caso parlare di letteratura riesce addirittura meno complicato di quanto possa essere per Dylan, perché Cohen dalla letteratura era partito. Figlio della Montreal ebraica degli anni Trenta come Mordecai Richler, di padre polacco e madre lituana, frequenta l'università, scrive poemetti e, secondo le logiche della società letteraria degli anni Cinquanta, li recita in reading. È lì che comprende il valore aggiunto del concetto di performance live che gli tornerà utile da cantante. Insegue il mito dello scrittore sull'isola e, nei primi anni Sessanta, si trasferisce a Hydra, nell'Egeo, dove partorisce i romanzi «Il gioco favorito» (1963) e «Belli e perdenti» (1966). Ha talento da vendere, è apprezzatissimo dalla controcultura newyorchese, ma non sfonda. E allora l'amica Judy Collins, la «Suite: Judy Blue Eyes» di Crosby, Stills & Nash, lo incoraggia a passare alla forma canzone, esperimento che mette la Columbia – già casa discografica di Dylan – sulle sue tracce. L'esordio «Songs of Leonard Cohen» (1967) contiene pezzi memorabili come «Suzanne» e «So long, Marianne» ma non è esattamente un successo commerciale.

«Hallelujah» e l’immaginario pop
Quello arriverà due anni più tardi con «Songs from a room» e la delicatissima «Bird on the Wire», poi la consacrazione di «Songs of Love and Hate» (1971) per una parabola da 14 album complessivi, compreso «Various Positions» (1984), quello contenente «Halleluja», di sicuro il brano più celebre, se non altro per le innumerevoli cover di cui è stato fatto oggetto, da quella dell'icona generazionale anni Novanta Jeff Buckley a Rufus Wainwright, uno che da bambino frequentava casa sua. Un pezzo di immaginario pop finito nel cartoon «Shrek» e in innumerevoli edizioni di talent show da un capo all'altro del pianeta.

Negli anni Settanta si avvicinò al buddismo, passò parte dei Novanta nel monastero di Mount Blady, in California, e nel 1996 fu addirittura ordinato monaco, con il nome di Jikan («Silenzioso»). Senza per questo rinnegare il suo ebraismo. «Non sto cercando – dirà - una nuova religione. Sono molto felice con la vecchia, con l’ebraismo».

“Non sto cercando una nuova religione. Sono molto felice con la vecchia, con l’ebraismo”

Leonard Cohen 

Vincitore di numerosi riconoscimenti, Cohen è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, nella Canadian Songwriters Hall of Fame e nella Canadian Music Hall of Fame. Nel 2011 ebbe il Premio Principe delle Asturie per la Letteratura. Se c’era un songwriter che, come Dylan, meritava il Nobel per la Letteratura, questo songwriter a detta di molti era lui. Non per questo provava risentimento verso l’illustre collega anzi. Il riconoscimento a Zimmerman «è stato come appendere una medaglia all’Everst», ha detto nei giorni delle polemiche che hanno fatto seguito all'assegnazione. Lezione di stile. Grandissimo artista, uomo immenso.

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