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Leggere per imparare a ridere

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Leggere per imparare a ridere

“Pensieri sul riso” di Francis Hutcheson, a cura di Andrea Gatti, Mimesis (pp. 100, euro 10).
“Pensieri sul riso” di Francis Hutcheson, a cura di Andrea Gatti, Mimesis (pp. 100, euro 10).

La definizione di comico e di ciò che suscita riso si trova già nella “Poetica” di Aristotele. Parole che, dopo due millenni e qualche secolo, sono ancora da meditare: “Qualcosa di sbagliato e di brutto che non procura né dolore né danno”.
Da allora i filosofi si sono scervellati per chiedersi cosa mai faccia ridere gli uomini. Noi utilizziamo le intuizioni di Freud e di Bergson, a volte di Baudrillard, per il quale riso e comico esprimono un dissolversi del senso, rappresentando una specie di implosione.

C'è comunque da sbizzarrirsi. Si trovano definizioni di comico in Hobbes che nel Seicento, nel mondo barocco, ne ricorda il carattere inaspettato, connettendolo con la coscienza della propria superiorità. Per Hegel, un secolo e mezzo più tardi, diventava l'espressione di un possesso soddisfatto della verità.

Non proseguiremo nella rassegna, anche se il comico è sempre attualissimo, grazie soprattutto a talune situazioni politiche e culturali che, ormai, si possono capire soltanto ridendo.

Aggiungiamo in margine al problema che è uscita la prima traduzione italiana dei “Pensieri sul riso” di Francis Hutcheson, vissuto tra il 1694 e il 1746, figlio di un pastore scozzese trasferitosi in Irlanda. Li pubblica Mimesis, a cura di Andrea Gatti (pp. 100, euro 10).

Hutcheson fu un illuminista e, in genere, i manuali lo trascurano per porlo alle dipendenze del più acuto Shaftesbury; comunque, nel saggio premesso a questa traduzione, il curatore ne rilegge figura e pensiero, riconsegnando questo filosofo alle nostre attenzioni. Lo riposiziona, insomma, nell'ambito dell'età inglese dei Lumi.

L'operina ora tradotta è composta da tre lunghe lettere (chiude il libro una parte contenente le osservazioni di Hutcheson sulla “Favola delle api” di Mandeville) e in essa si leggono le prese di distanza da Hobbes, soprattutto si trovano osservazioni degne della massima considerazione sul comico, l'ironia, lo humour e il wit; termine quest'ultimo che può oscillare, a seconda del contesto, tra umorismo e intelligenza. L'illuminista esamina tutto questo non soltanto con strumenti estetici e ricorda quanto siano rilevanti le componenti politiche, sociali e anche fisiologiche (teoria delle passioni e delle emozioni sono tenute presenti).

Un libro aureo ritrovato. Hutcheson a pagina 60 ricorda che il riso riveste “notevole importanza in società” e pone in evidenza che “nulla quanto il ridicolo può efficacemente opporsi all'impropria grandezza del bene e del male; nulla ci preserva più prontamente dall'eccessiva ammirazione per una grandezza fasulla”. Insomma, imparate a ridere; o meglio: a sbugiardare ridendo. Non è cosa da poco contro i numerosi buffoni che si sopravvalutano.

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