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Arthur Miller senza veli in sei racconti

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Arthur Miller senza veli in sei racconti

Sceneggiatore amato a Hollywood, drammaturgo, scrittore, Arthur Miller (1915-2005) riuscì a raggiungere la popolarità anche con le opere teatrali (“Morte di un commesso viaggiatore”, per esempio) ma soprattutto diventò un eroe della cronaca rosa per il matrimonio con Marilyn Monroe. Un'unione che si interruppe dopo un quinquennio, tra incomprensioni e litigi, nel 1961.
Intellettuale di origini ebraiche, nel 1956 fu convocato dalla “Commissione sulle attività antiamericane”: gli fu chiesto di rivelare i nomi degli artisti che tempo prima avrebbero partecipato con lui a riunioni che in quel tempo si chiamavano ancora “sovversive”.

Tacque, contrariamente a Elia Kazan, che sarebbe stato disposto a confessare anche l'inesistente; per questo Arthur Miller divenne un campione della dignità morale. Uno scrittore ufficialmente scomodo che sapeva giocare bene le sue carte. Non a caso, all'udienza si presentò con Marilyn, in quel 1956 appena sposata.

Einaudi sta riproponendo diverse opere di Miller e ora, nella traduzione di Federica Oddera, pubblica i sei racconti riuniti sotto il titolo “Presenza” (pp. 146, euro 19). Pur nella loro diversità, queste narrazioni, tra le ultime pagine lasciate dello scrittore americano, riflettono le ossessioni e le angosce del loro autore. Si direbbero un abbraccio tra due temi contrapposti, ovvero il sesso e la morte; in realtà in essi spuntano illusioni, qualche dimensione al tempo stesso bestiale e sacrale (come nel racconto che dà il titolo alla raccolta), dolori, nostalgie, seduzioni, lutti, fantasmi.

Ne “Il manoscritto nudo”, il quarto racconto, uno scrittore è colto da una crisi che gli impedisce di creare: cerca allora una soluzione e crede di ritrovare l'ispirazione vergando le parole direttamente sul corpo di una donna scoperta grazie all'annuncio su un giornale. È soltanto un esempio, anche se eloquente.
I temi di Miller si intrecciano, stridono, urtano, feriscono e riflettono anche la sua vita.
Dopo il divorzio da Marilyn, nel 1962 convolò a nozze con la fotografa austro-americana Inge Morath, dalla quale avrà due figli: Rebecca (poi moglie dell'attore Daniel Day-Lewis) e Daniel.

Quest'ultimo, nato nel 1966, sarà ripudiato da Miller perché afflitto dalla Sindrome di Down. Lo scrittore deciderà di chiuderlo in un istituto. Non lo volle rivedere più, almeno sino al giorno in cui Daniel riuscì a incontrarlo a un congresso. Colpito da forti sensi di colpa e ormai vicino alla morte, Miller lo citò nel testamento. L'intera storia si conoscerà nell'agosto del 2007, alimentando giudizi terribili e polemiche. La vicenda, triste e non edificante, è ricordata nel film “Gli abbracci spezzati” di Pedro Almodóvar.

Arthur Miller, “Presenza”
traduzione di Federica Oddera
Einaudi
pp. 146, euro 19

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