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Democrazie e razzismo scientifico

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Democrazie e razzismo scientifico

Una democrazia può avere anche idee razziste? Prima di rispondere è forse il caso di ricordare che il colonialismo fu possibile perché talune nazioni si sentivano, oltre che per gli aspetti economici, superiori anche in quelli antropologici. Non dichiaravano forse di “portare” la civiltà?

Se si stila un elenco di potenze coloniali, si scopre che in buona parte esse erano dotate di istituzioni democratiche. L'Inghilterra o la Francia non possono essere considerate, né ora né nel recente passato, delle nazioni afflitte da totalitarismi.

E gli Stati Uniti? Considerati la democrazia per eccellenza, non furono immuni da idee razziste. Chi desiderasse cercarne qualcuna è bene che ripassi la storia di questa grande nazione.

Dopo l'indipendenza del 1776, verso la fine del XVIII secolo, quando nella Francia illuminista Voltaire investiva soldi con le navi negriere (che rendevano moltissimo), la giovane democrazia americana garantiva la cittadinanza solo alle “persone bianche libere” (prima degli schiavi importati dall'Africa c'erano anche quelli bianchi); inoltre le guerre indiane furono un vero genocidio: per giustificarlo si consideravano i pellerossa inferiori a un essere umano.

Idee irritanti? Certo, ma conviene porsele per non cadere nell'ovvio o nelle gracili idee politicamente corrette. Non dimentichiamoci inoltre che negli anni '20 del secolo scorso si diffusero le teorie dell'eugenista americano Madison Grant. E' facile trovare ancora oggi le ristampe delle sue opere, piene di idee utilizzate per le campagne forzate di sterilizzazione ed eutanasia programmate poi dal nazismo.

Tutti questi pensieri, insieme ad altri simili, vengono alla mente leggendo un libro acuto e intelligente, scritto da Francisco Bethencourt, professore di storia al King's College di Londra. Titolo: “Razzismi. Dalle crociate al XX secolo” (Il Mulino, pp. 672, euro 49). Bethencourt si sofferma sull'idea di casta, sulle classificazioni degli esseri umani, sul razzismo scientifico, soprattutto sul fatto che le discriminazioni attraversano epoche e istituzioni senza trovare requie nemmeno oggi. E l'Oriente non è escluso dalla gara.

Nel libro non mancano i classici, da Linneo a Buffon o a Darwin; comunque l'opera è anche un'occasione per meglio conoscere la figura del tedesco Johann Friedrich Blumenbach, che alla fine del XVIII secolo indicò quale criterio per individuare i gruppi umani l'analisi della forma della testa.

Bethencourt confuta la tesi biologista, secondo cui il razzismo è tendenza innata dell'uomo, e quella cara al marxismo, che vorrebbe indicare le pratiche di discriminazione basandosi sui rapporti economici. Le cause sono anche (e soprattutto) altre. Tante, troppe. E sovente non si sospettano.

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