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Gottfried Benn e il disimpegno dello scrittore

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Gottfried Benn e il disimpegno dello scrittore

Proviamo a riflettere su questa frase, tratta da un programma radiofonico: “L'uomo ha ancora il diritto, nell'odierna realtà sociale e civile, di vivere e rappresentare i suoi problemi individuali o hanno ormai ragione d'essere soltanto i problemi collettivi?”.
L'ha proferita Gottfried Benn, scrittore e poeta, medico per necessità; uno dei protagonisti della cosiddetta Rivoluzione conservatrice. Il quesito lo pose in una conferenza radiofonica dal titolo “La nuova stagione letteraria”, diffuso da Berlino il 28 agosto 1931.

Benn, figlio di un pastore protestante, lasciò versi di rara intensità: non esitò a utilizzare crudezza e violenza per esprimere nuove coordinate di riferimento per l'uomo contemporaneo.
Lontano da ogni possibile sentimento caro agli animi politicamente corretti, le sue domande ritornano in un piccolo libro di Adelphi curato da Amelia Valtolina. Ha come titolo il medesimo della conferenza ricordata: “La nuova stagione letteraria” (pp. 56, euro 7). Nel volumetto, oltre ad essa, si trova anche il “Discorso funebre per Klabund”, in memoria di un amico scomparso.
Benn ci offre in poche pagine illuminanti osservazioni contro la banalità narrativa del suo tempo che, anche se meno idiota di quella ora circolante, rappresentava pur sempre il genere di produzione libraria in grado soltanto di intrattenere, facendo perdere tempo ai lettori. Inoltre, lo scrittore tedesco se la prende con la letteratura impegnata: la quale, allora come oggi, cercava di redimere l'umanità attraverso libri socialmente utili.

Scrive Benn. “Mai l'uomo tedesco comprenderà, nessuno sarà in grado di rendergli intelligibile (e non è affatto necessario che ciò accada) come, per esempio, i versi di Hölderlin siano privi di sostanza, a un dipresso un nulla, forgiato intorno a un arcano che mai troverà parola e mai si disvelerà”. La vera poesia, insomma, non nasce dalla politica; meno che mai si china alla prassi.
Benn, tra l'altro, se la prendeva con il drammaturgo sovietico Sergej M. Tret'jakov, primo traduttore di Brecht in russo e sostenitore della “letteratura del fatto”, una tendenza preconizzante la fine della narrativa e della figura dello scrittore. In quel tempo codesto intellettuale comunista teneva conferenze a Berlino ottenendo notevole successo. In esse documentava la nuova moda, così descritta da Benn: “Libri, o meglio quaderni, ciascuno scritto da una dozzina di operai sotto la guida di un ex scrittore. Ecco qualcuno dei loro titoli: Impianto di un frutteto nelle adiacenze della fabbrica, e poi: L'aerazione nella mensa della fabbrica”.
Oggi non si fanno opere migliori, soprattutto quando si crede di aver capito tutto perché si è pubblicato un libro che ha suscitato qualche rumore. Da non dimenticare: Benn detestava la radio, anche se la utilizzava per messaggi come quello ricordato.

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