Il Natale con la neve e l'atmosfera gioiosa è, bisogna riconoscerlo, un'invenzione di Dickens. Quello che il presepe ci fa immaginare, risale a San Francesco. I regali, un tempo occasioni di piccole gioie per la nascita del Salvatore, ora sono una voce industriale con annesse svendite e strategie commerciali. C'è anche, tra i molti possibili, il Natale del “buonismo”, sorta di recita sociale, caratteristica dei nostri giorni.
Eppure questa festa rappresenta sempre qualcosa che dovrebbe far riflettere perché, come asserisce Giovanni nel fulminante Prologo del suo Vangelo, il logos (pensato per secoli dai filosofi) è diventato carne. Per tale motivo, coloro che abbracciarono la nuova fede urlarono in tutti gli angoli del mondo antico quel miracolo.
Per meglio capire le conseguenze di quanto accadde, non c'è libro migliore di quello ora pubblicato da Jaca Book (insieme alla Libreria Editrice Vaticana) di Tania Velmans, “Orienti cristiani” (pp. 248, euro 90). La nuova religione si diffuse nell'antica Palestina, in Egitto, Siria, Libano, raggiunse Etiopia, Georgia, Nubia, Armenia. In ogni terra di queste regioni la fede in Cristo sconvolse arte, architetture, costumi, idee, persone.
Il libro di Tania Velmans offre un'indagine della nuova realtà che plasmò l'Oriente fattosi cristiano. Il periodo preso in esame per le chiese e i monasteri va dal V al XV secolo (il tempo dell'impero bizantino); ora tali costruzioni sono ormai scomparse almeno per i nove decimi. Il tempo e le guerre, che in molte di quelle zone sono ancora in atto, hanno cancellato testimonianze uniche.
Quel che resta è però eloquente, e il libro della Velmans è anche da vedere oltre che da leggere. Gli edifici, abitati da affreschi e sculture, ricchi di icone e oggetti indispensabili alla liturgia (a volte veri capolavori d'arte), di manoscritti miniati, ritornano insieme nel repertorio iconografico che affianca la storia del cristianesimo in quelle terre.
Il giudizio, il peccato e la redenzione passano anche dalle decorazioni di cupole e volte; la rivelazione sovente è racchiusa in un'abside; i cavalieri si mescolano alle scene di clemenza divina. E poi i santi. E ancora figure celesti. E infiniti altri dettagli che ripetono il miracolo del logos.
Eppure questo incanto cominciò anch'esso dopo un giorno fatidico che non è semplice calcolare. Il libro potrebbe essere intitolato “Conseguenze di un giorno di Natale nell'Oriente vicino a Betlemme”. E immaginare tutti i colori, le infinite forme, i frammenti preziosi, un addobbo che i secoli hanno organizzato per celebrare un'incarnazione e rispondere in mille modi alla domanda sul logos. Perché Dio lo ha fatto? Perché giunse tra noi? Perché il Natale?
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