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Dossier | N. 19 articoliMostra del cinema di Venezia, la 75esima edizione

Venezia, il potente «Killing» di Tsukamoto chiude (bene) il concorso

È stato accolto da lunghissimi applausi Killing di Shinya Tsukamoto, regista giapponese che aveva già presentato diversi lavori nelle precedenti edizioni della Mostra di Venezia. Ultimo titolo in calendario del concorso veneziano, il film è ambientato durante la metà del Diciannovesimo secolo, in un momento storico in cui molti guerrieri samurai si sono impoveriti e, di conseguenza, hanno lasciato i loro padroni per diventare dei ronin erranti. In un villaggio, uno di questi continua ad allenarsi per conservare l’abilità con la spada: l’arrivo di un abile ronin in cerca di nuovi guerrieri darà una svolta improvvisa alla sua vita.

Se il samurai si rifiuta di uccidere
Noto per aver diretto film di culto come Tetsuo e di grande potenza filosofica come Vital, Tsukamoto si conferma un autore dallo spiccato talento espressivo, capace di giocare al meglio con le immagini e con la luce e di dare vita a contenuti particolarmente stimolanti. In questo caso riflette con grande forza sul tema della morte, oltre che su quello della lotta tra gli esseri umani e sul peso delle tradizioni che stavano venendo meno in un momento di grandi cambiamenti per il Giappone: nel film precedente Fires on the Plain aveva mostrato la crudeltà della Seconda guerra mondiale, qui racconta anche di un samurai che si rifiuta di uccidere, provando a indagare questa figura connettendola all’epoca di riferimento. Con la consueta coerenza autoriale, Tsukamoto ritorna a sviluppare spunti che aveva già affrontato in passato, a partire da quello del corpo, attraverso la danza femminile e i duelli tra samurai, particolarmente legati alla loro katana come fosse un prolungamento del loro essere (e su questo i collegamenti con Tetsuo sono fortissimi). Non ci sono forse sequenze da mandare a memoria e Killing non ha comunque la portata concettuale dei massimi lavori realizzati da Tsukamoto, ma è un’esperienza cinematografica profonda e capace di scuotere dal primo all’ultimo minuto.
Il regista fa benissimo il suo dovere anche come attore: alcuni se lo ricorderanno recitare in Silence di Martin Scorsese, accanto ad attori americani come Adam Driver e Andrew Garfield.

Andò, «Una storia senza nome» troppo leggera
Fuori concorso ha invece trovato spazio Una storia senza nome di Roberto Andò. Protagonista è Micaela Ramazzotti nei panni della segretaria di uno studio di produzione cinematografico che scrive segretamente i copioni firmati da uno sceneggiatore di successo. Un giorno la ragazza riceve in regalo da uno sconosciuto un appassionante soggetto per un nuovo film, ma quel copione è pericoloso e nasconde più di un segreto. Ha una trama intrigante ed è ricca di citazioni della storia del cinema questa nuova pellicola del regista de Le confessioni, anche se lo svolgimento narrativo non è sempre appassionante al punto giusto. Dopo una prima parte coinvolgente, il film scende di livello nella seconda, seppur riesca quantomeno a incuriosire fino alla fine e non si prenda troppo sul serio. Per una visione rilassante ci si può accontentare, anche per il buon livello di un cast in cui, oltre a Micaela Ramazzotti, figurano Alessandro Gassmann, Laura Morante, Renato Carpentieri e il noto regista polacco Jerzy Skolimowski. Il film uscirà nelle sale giovedì 20 settembre.

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