Il miglior duetto della 69esima edizione di Sanremo è quello tutto toscano tra Motta e Nada su Dov’è l’Italia. Questo il verdetto arrivato al termine della lunga maratona che, nella quarta serata di festival, ha visto esibirsi tutti
e 24 i cantanti in gara accompagnati da 32 ospiti, per un totale di 56 artisti presenti all’Ariston. Completamente rivisitati
i brani in concorso. Il riconoscimento a Motta non ha mancato di creare qualche dissapore nel pubblico presente in sala -
non sono mancati i fischi - ma appare condivisibilissimo: con l’apporto di Nada Dov’è l’Italia ne ha guadagnato in intensità. Roba da 7 in pagella.
Resta da comprendere se l’esito di questa particolarissima «competizione nella competizione» avrà effetti sulla classifica
finale del festival, perché è indubbio che alcuni brani, con i nuovi arrangiamenti, ne abbiano guadagnato in respiro. Con
tutte le possibili conseguenze del caso sulle scelte del pubblico televotante.
Ancora ascolti in calo
Com’è andata sul versante degli ascolti? Ancora una volta segno meno, rispetto all’edizione 2018: sono stati 9 milioni 552
mila, pari al 46.1% di share, i telespettatori che hanno seguito la quarta serata del Festival di Sanremo, dedicata ai duetti
dei 24 Big con gli ospiti che hanno reinterpretato le canzoni in gara. L’anno scorso la serata duetti aveva raccolto un ascolto
boom con 10 milioni 108 mila telespettatori e il 51.1% di share. La media di ascolti si conferma in calo rispetto alla scorsa
edizione che era stata da record: in particolare, la serata duetti ha perso 5 punti di share. In lieve aumento, comunque,
l’ascolto medio rispetto alla terza serata (che aveva fatto segnare 9,4 milioni). La prima parte della quarta serata del festival
(dalle 21.24 alle 23.39) ha ottenuto su Rai1 11 milioni 170 mila spettatori con il 45.5% di share, la seconda (dalle 23.43
alle 00.51) ha avuto 6 milioni 215 mila con il 48.6%. Nel 2018 la prima parte della serata duetti era stata seguita da 12
milioni 246 mila telespettatori pari al 49.1% di share, la seconda da 6 milioni 849 mila con il 57.3%.
Ligabue, la gag con Bisio e l’omaggio a Guccini
Quella di venerdì è stata anche la notte di Luciano Ligabue che ha fatto irruzione sul palco alle 21.25, subito dopo lo stacco
pubblicitario: accompagnato dalla band capitanata da Federico Poggi Pollini ha eseguito il nuovo singolo Luci d’America che da tre settimane consecutive è il brano più trasmesso dalle radio. L’apparizione a Sanremo precede di poco l’uscita dell’album
Start (8 marzo), dodicesimo disco di inediti in carriera cui farà seguito lo «Start Tour». Si rivolge a Bisio, il Liga nazionale:
«Questo è il secondo Sanremo che faccio in 30 anni. Voglio fare un’entrata come gli altri. Mi fai scendere le scale?». È una
gag: il Liga, incontentabile, si concederà discese a ripetizione, apparendo prima con una chitarra gigante, poi sul trono
con tanto di stola regale. È il preludio di Urlando contro il cielo, superclassico del rocker di Correggio tratto dall’album Lambrusco, coltelli, rose e popcorn. Baglioni lo raggiunge sul palco e scatta l’omaggio a Francesco Guccini, prossimo a compiere gli 80 anni d’età, con una versione
rock di Dio è morto. L’alchimia tra le due voci non funziona alla perfezione. Esito dell’esperimento: così così.
Il circo di Baglioni
Complici i duetti e una scaletta kolossal, questa, tra i due festival baglioniani, probailmente passerà alla storia come la
serata in cui Baglioni ha cantato meno. Seppure, come in ogni serata, si parte proprio da Baglioni canta: stavolta è toccato
ad Acqua dalla Luna («Accorrete pubblico»), eseguita mentre membri del corpo di ballo interpretavano clown e funamboli. «Con poche parole e gesti
- ha spiegato il direttore artistico - abbiamo voluto rappresentare il nostro mestiere che è quello di regalare incanto alla
gente. Questa serata rappresenta bene il senso di questo discorso». E così Baglioni, in perfetto stile circense, ha presentato
«il clown bianco e l’Augusto». E cioè Virginia Raffaele e Claudio Bisio.
I voti ai duetti
In definitiva, come sono andati i duetti? Federica Carta e Shade (Senza farlo apposta) dividono il palco con Cristina D’Avena che si alterna tra la melodia del ritornello e il rap della strofa. Effetto a dir
poco straniante. Voto 5. Noemi prova a portare un contributo soul a La ragazza dal cuore di latta di Irama. Anche qui esito piuttosto incerto: voto 5. Patty Pravo è entrata dopo una lunga pausa in Un po’ come la vita, ennesimo colpo di teatro per la ex ragazza del Piper in concorso con Briga e accompagnata, nella circostanza, anche da Giovanni
Caccamo. Da dimenticare: voto 4. Difettosa la sinergia delle voci di Pau dei Negrita ed Enrico Ruggeri ne I ragazzi stanno bene, brano cui offre un contributo anche la tromba di Roy Paci. Voto 5. I virtuosismi violinistici di Alessandro Quarta riscono
a nobilitare persino il classicone melenso di Musica che resta del Volo. Standing ovation per loro. Voto 6.5 Anche Arisa (Mi sento bene) ci guadagna col vocione white soul di Tony Hadley (che alterna italiano e inglese) e le coreografie dei Kataklò. Voto 7.
Bello il feeling che Mahmood trova con Guè Pequeno su Soldi. Voto 8. Arrangiamento barocco per Rose viola, il brano di Ghemon che, per l’occasione, si avvale della partnership Seventies oriented di Diodato e Calibro 35. Voto 7.
Francesco Renga (Aspetto che torni) tenta di guadagnare sofisticatezza con i contributi di Bungaro e dei ballerini Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel. Voto 5. Duetto piano-chitarra acustica per Ultimo (I tuoi particolari) e Fabrizio Moro. Una noia mortale: voto 4. Tentativo di caricare di solennità Sono pronto da parte di Nek che si esibisce con Neri Marcorè. Non troppo riuscito: voto 5. Ancora più family oriented i Boomdabash (Per un milione) con l’innesto di Rocco Hunt e dei bambini che compongono il coro dei Musici Cantori di Milano. Voto 6.5. Jam esplosiva tra
The Zen Circus e Brunori Sas (L’amore è una dittatura). Tutto molto bello: 7. Paola Turci (L’ultimo ostacolo) si avvale della performance teatrale di Beppe Fiorello (6), sagra del pop ma anche un po’ pop della sagra tra Anna Tatangelo
(Le nostre anime di notte) e Syria (voto 5), Jack Savoretti prova invano a sprovincializzare Solo una cnzone degli Ex-Otago (voto 4.5), non bastano il piano di Paolo Jannacci e i disegni di sabbia di Massimo Ottoni a nobilitare Nonno Hollywood di Enrico Nigiotti (voto 3). Vascorossiane come mai Loredana Bertè con Irene Grandi (Che cosa vuoi da me). Il mix funziona: 7. Esplosiva Argentovivo di Daniele Silvestri e Rancore con l’apporto «urlato» di Manuel Agnelli (voto 7). Trionfo giovanilistico di Einar (Parole nuove) con Biondo e Sergio Sylvestre ma senza lampi (5), intimismo a go-go per Simone Cristicchi con Ermal Meta su Abbi cura di me (6), Nino D’Angelo e Livio Cori (Un’altra luce) chiedono sponda ai Sottotono (6). Chiudono Achille Lauro con Rolls Royce impreziosita da Morgan che si alterna tra piano e basso (voto 6.5).
Cambia il conteggio dei voti
Pochi i siparietti d’intrattenimento, per questioni legate all’economia di una serata già lunghissima di suo. Non funziona
la gag di Virginia Raffaele che ha comprato una chitarra in saldo pur di duettare con Claudio Baglioni in Giochi proibiti, ma mancano le corde. «Qui finisce la mia carriera», dice sconsolato Baglioni. Bisio rispolvera la sua esperienza con Gli sdraiati e interpreta un monologo sul difficile mestiere di padre che culminerà in un rap di Anastasio, vincitore dell’ultima edizione
di X Factor. Già più a fuoco. Una rarità per un’edizione che, sul piano della scrittura, ha mostrato più di qualche falla.
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