Eliana Di Caro è materana e conosce assai bene la città dei Sassi ed è orgogliosa che la sua bellezza e quella della regione di cui è il luogo più noto siano venute al centro di un’attenzione molto vasta e non solo italiana: prima grazie all’ingresso nella lista dei Patrimoni dell’Unesco, nel ’93, e poi alla designazione di capitale europea della Cultura per il 2019. L’Unesco è un’organizzazione internazionale che non ha più la necessità e il fulgore del dopoguerra, quando voleva essere un luogo d’incontro di popoli e di culture dopo anni di odio, promotrice di alfabetizzazioni di molte specie, ma continua ad avere un’influenza.
Le sue scelte hanno un’eco soprattutto turistica, e Matera meritava certamente il suo riconoscimento. Gli italiani l’hanno a lungo ignorata, così come hanno ignorato la Basilicata. I più colti l’avevano associata a Giovanni Pascoli, che vi aveva insegnato e ne aveva scritto, ma si può dire l’abbiano conosciuta soltanto dalle pagine del Cristo di Levi, nel lontano ’45, quando era finalmente esaudibile il bisogno dei migliori di conoscere l’Italia dopo vent’anni di chiusura fascista. Fu peraltro nel ’45 che la Lucania tornò all’antico nome di Basilicata, poiché Lucania era un nome antico ripristinato per le smanie imperiali del fascismo.
Era stata e fu ancora teatro di grandi lotte contadine e patria di meridionalisti illustri, prima di tornare all’attenzione di molti grazie al film di Pasolini sul Vangelo, girato tra i Sassi. La generazione degli anni della ricostruzione aveva potuto saperne grazie al lavoro riformatore compiutovi dagli “olivettiani” e da alcuni nuovi meridionalisti particolarmente presenti nella rivalutazione e trasformazione del mondo contadino. Insieme a Levi, Manlio Rossi-Doria e i lucani Rocco Scotellaro, morto prematuramente nel ’53 e di cui si sta per ristampare da Mondadori l’opera di poeta, sociologo, militante socialista, e Rocco Mazzarone, entrambi tricaricesi. Il secondo, un indimenticabile maestro, un punto di riferimento per più generazioni di riformisti e tra i fondatori della medicina sociale in Italia. Tante altre sono le ragioni per ricordare, frequentare, amare questa regione. Una “civiltà contadina”, anche se aveva come basi l’ingiustizia dei rapporti economici, è esistita eccome, e una storia sociale e culturale intensissima, che ha visto agire in quelle terre da Gesualdo da Venosa e Isabella Morra a Valsinni - poetessa del Cinquecento uccisa dai suoi fratelli ignoranti e gretti - su fino al grande Giustino Fortunato. E ancora, nel Novecento, a un poeta dialettale di altissima statura quale Albino Pierro che ha dato notorietà al paese natale,Tursi; o un poeta come Leonardo Sinisgalli, che fu anche fondatore di riviste e animatore culturale al passo con i tempi, dopo aver lasciato,ma non dimenticato, la sua Montemurro (minuscolo centro del Potentino) per Roma e Milano.
Ma non vanno dimenticati tra i lucani famosi alcuni dei capi-briganti più accaniti, ribelli al nuovo ordine sabaudo e a un’Unità che non aveva saputo portare vera giustizia. Primo fra tutti, Carmine Crocco da Venosa, caduto in una guerra sanguinaria combattuta da ambo le parti senza esclusione di colpi...
Di Caro, di cui i lettori del «Sole» conoscono bene la vivacità e passione con le quali esercita il suo lavoro, ha scritto nell’anno di Matera capitale europea della Cultura Andare per Matera e la Basilicata, un agile e prezioso “viaggio” nella storia e cultura della regione ripercorrendone nomi e luoghi, e soffermandosi anzitutto sui protagonisti di una parabola artistica e culturale alla quale mi avrebbe fatto piacere avesse aggiunto il nome di Dinu Adamasteanu, il grande archeologo rumeno che tanto fece, dagli anni Trenta ai Sessanta, per il recupero del passato lucano. Una delle più insolite e importanti testimonianze, nel libro, riguarda Maria Ippolita Santomassimo, oggi 77 anni e tra le prime donne-sindaco italiane: era alla guida di Aliano, il paese del Cristo leviano, nel ’73, poco prima della morte dello scrittore che lì è sepolto.
Ci sarà certamente una seconda edizione da ampliare e altre ancora, perché oggi i lettori che hanno visto almeno Matera e vogliono conoscere qualcosa di più di una terra sinora poco frequentata, hanno curiosità nuove, nuove esigenze. Per esempio, di sapere qualcosa di ciò che riguarda più la regione che Matera o la sua “rivale” Potenza, che della regione è capoluogo; per esempio, del “caso Viggiano” su cui tanto si è discusso in chiave stavolta prevalentemente ecologica.
Questa “guida” a una cultura regionale potrebbe e dovrebbe servire di modello per altre, oggi che troppo spesso ci si limita, nella rivalutazione dei luoghi e del loro passato, a scopi quasi solo turistici e a una superficiale esaltazione di una diversità che è scomparsa quasi ovunque, aggredita dalla post-modernità in modi più radicali e più violenti di quanto non sia mai accaduto nel corso di una storia millenaria.
Se questa diversità ancora esiste, essa è fatta di nostalgia più che di un’adeguata analisi del presente, né servono a preservarla tante iniziative festivaliere e folkloriche. L’atto d’amore scritto da Di Caro va molto oltre e rivendica la dignità di un passato e, soprattutto, di coloro che, in questo passato lontano come in quello più recente – un passato di cui ha potuto valutare direttamente l’importanza, le necessità, le conquiste – hanno dimostrato nelle opere e nei fatti un amore generoso per la propria terra e per le proprie origini, e per coloro che più lucidamente hanno saputo amarla.
Andare per Matera e la Basilicata, Eliana Di Caro, il Mulino, Bologna, pagg. 164, € 12. In l ibreria dal 16 maggio. Oggi
il libro viene presentato al Salone del Libro
di Torino (ore 16, Pad. 3 Stand S88). Con l’autrice dialoga Marco Belpoliti
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