Cultura

Il 32° Premio Calvino a Gennaro Serio e al suo esperimento metaletterario

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letteratura

Il 32° Premio Calvino a Gennaro Serio e al suo esperimento metaletterario

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È il più ambito e strutturato premio per scrittori esordienti. A vincerlo in passato scrittori come Marcello Fois (nel 1992) e Rossella Milone (menzione speciale nel 2005). Segno che nella gran parte dei casi chi lo vince si guadagna l’ingresso dalla porta principale nel mercato editoriale italiano. Giunto alla XXXII edizione il Premio Calvino è amato dagli editori che lo considerano un momento importante di scouting - citiamo tra tutti gli ultimi due vincitori Emanuela Canepa che con l’Animale femmina ha esordito per Einaudi Stile Libero e Filippo Tapparelli in libreria per Mondadori con L’inverno di Giona - , ma anche dagli aspiranti scrittori e scrittrici, a giudicare dai numeri dell’edizione di quest’anno: in 724 hanno infatti mandato il proprio testo.

La ragione del successo sto probabilmente nella formula: «A tutti gli autori, dunque, la redazione del Premio Calvino invierà un giudizio dell’opera presentata. In questo modo l'accesso al premio avrà un carattere non soltanto di competizione ma anche di valutazione, grazie alle indicazioni tecniche e stilistiche fornite dalla scheda di lettura. Indicazioni magari utili, in futuro, per la stesura di un altro testo, più maturo, da inviare ancora una volta al Premio Calvino».

Quest’anno tra gli oltre settecento partecipanti il comitato di lettura (costituito da una sessantina di membri) ha selezionato questi otto lavori finalisti:
La dragunera di Carmela Barbarino; L'ultima partita di Francesco Bolognesi; Tante piccole cose di Stefano Etzi; Dieci storie quasi vere di Daniela Gambaro; L'ultima testimone di Cristina Gregorin; I Pellicani di Sergio La Chiusa Ciccina di Laura Lanza; L'attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI di Gennaro Serio.

A decidere il vincitore - Gennaro Serio - la giuria composta da da Peppe Fiore, Giuseppe Lupo, Rossella Milone, Davide Orecchio, Sandra Petrignani. La giuria ha deciso di assegnare il Premio a “L’attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI” di Serio «per il coraggioso esperimento metaletterario condotto nel testo con lingua poliedrica, sulla scia dei modelli cosmopoliti di Vila-Matas e Bolaño. Un giallo sofisticato dal gusto ironico e parodistico che vede i protagonisti in viaggio per l'Europa dei luoghi di culto della scrittura terminando nella Gibilterra dell'immortale Molly Bloom».

Menzioni speciali della giuria per L’ultima testimone di Cristina Gregorin e Dieci storie quasi vere di Daniela Gambaro; “menzione speciale Treccani” a Sergio La Chiusa per I Pellicani.

«Il compito, come sempre, non è stato facile - spiega una nota del Premio - perché i testi meritevoli o interessanti erano parecchi. Si è puntato a una scelta che, nella misura del possibile, fosse insieme rigorosa e rappresentativa di tendenze, temi e stili diversi. Ha preso così consistenza un campionario di autori diffuso su tutto il paese: quattro provengono dal sempre generoso con noi nordest veneto-emiliano, ma uno di loro è originario di Cagliari, confermando la produttività narrativa della Sardegna tradizionalmente ben rappresentata al Premio Calvino; due risiedono a Roma, città anch'essa di regola presente tra i nostri finalisti; uno è napoletano; un'altra viene da Enna, dal cuore mitico della Sicilia. Simili dati non fanno che confermare la capacità attrattiva del Premio a livello nazionale. Le età variano dai 24 ai 64 anni. Precisiamo che la partecipazione di concorrenti di tutte le età è una caratteristica del Premio Calvino, anzi un nostro vanto: desideriamo davvero essere aperti a tutti senza discriminazioni (e lo dimostriamo con le nostre scelte). Ci fa certo piacere scoprire nuove leve, ma anche dare spazio a chi presumibilmente non può trovare con facilità altre vie per farsi conoscere. Le donne finaliste sono quattro su otto, ovverosia la metà e ne siamo felici: era da tempo che non accadeva, visto che, inutile dirlo, non facciamo una politica di quote rosa. Semplicemente, ogni anno scegliamo ciò che ci sembra il meglio tra quanto ci arriva. Da segnalare ancora il ritorno in finale di un volume di racconti, Dieci storie quasi vere: non capitava dalla XXV edizione».

Nel dettaglio dei testi ,se esiste un filo a legarli è che «nessun testo è consolatorio o programmaticamente commerciale. Tutti affrontano, magari in chiave
indiretta, nodi esistenziali o tematici di rilievo. Sicuramente, e non poteva non essere così vista la presenza di tante autrici tra i finalisti, quasi ovunque campeggia l'immagine della donna: libera (Ciccina), forte (L'ultima testimone), accudente (Rosa della Dragunera), coinvolta in vario modo con la maternità (Dieci storie quasi vere), ma anche forza incontrollata della natura (la “dragunera”); e, quanto ai testi di autori maschili, in due non compaiono praticamente personaggi femminili (I Pellicani e L'ultima partita), mentre nei restanti due (Tante piccole cose e L'attività letteraria a Gibilterra nel secolo XXI) sono le donne a rappresentare le figure più significative: forti, ma bisogna dire, insoffribili se non criminali».

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