A Gian Luigi Rondi (scomparso nel settembre 2016), per molti anni riferimento della critica cinematografica, fu chiesto in un'intervista quale interpretazione amasse ricordare di Greta Garbo. Replicò semplicemente: “Tutte”.
Vorremmo utilizzare la medesima risposta per un'ipotetica domanda sugli scritti di Julien Ries (scomparso nel febbraio 2013), uno dei più grandi antropologi e storici del sacro del nostro tempo. Sarebbe bello ricordarlo con queste parole: “È tutto da leggere”.
Nominato improvvisamente cardinale nel 2012, Ries si era preoccupato di avvisare i suoi interlocutori che la berretta non gli avrebbe fatto sospendere le innumerevoli ricerche, anzi. Purtroppo non ebbe il tempo di terminare quanto si proponeva. Se ci fosse riuscito, oggi capiremmo meglio quel che succede alla religione e anche alla politica.
Chi scrive ebbe la fortuna di incontrarlo periodicamente negli ultimi suoi anni. Roberto Barbieri - notevole conoscitore del medioevo cristiano - aveva fatto da tramite, anzi organizzò un pranzo sui Colli Euganei perché ogni anno Ries si recava ad Abano per avere benefici terapeutici da quelle acque.
Quello che impressionava di Ries era la capacità di analisi. Un simbolo, un dettaglio, uno scritto sapeva vivisezionarli come nessun altro. Per questo e per infiniti motivi simili, è doveroso ricordare il ritorno in libreria di un volume che faceva parte del “Trattato dell'antropologia del sacro”, sterminata ricerca uscita tra il 1989 e il 2009 in dieci tomi presso Jaca Book, la medesima casa editrice che ora sta ristampando quest'opera. Il volume appena uscito s'intitola “Il sacro e il Mediterraneo” (pp. 384, euro 40). Tratta del mondo precristiano (anche l'ebraismo non c'è).
Fra queste pagine, coordinate da Ries e con molti suoi contributi, si trovano anche saggi di Ugo Bianchi (sui Misteri di Eleusi, l'Orfismo e il culto di Dioniso), di Marta Sordi (Roma e il sacro), di Sergio Ribichini che approfondisce le aree di Fenici e Cartaginesi. E poi dello stesso Ries si trova una parte sui culti isiaci e il loro simbolismo sacrale nella vita religiosa dell'Egitto ellenistico e romano.
Il protagonista dell'opera è il Mediterraneo delle antiche e antichissime civiltà, il mare più colto che esista e che vide nascere, oltre la filosofia greca, mille politeismi e tre grandi religioni dell'umanità. Nei secoli si specchiarono nelle sue acque i culti con i sacrifici umani e il messaggio cristiano; sulle sue onde gli dei navigarono verso Roma, insieme alle spezie che giungevano da Oriente. E sempre su questi flutti si combatterono le prime guerre tra le religioni conosciute.
Heinrich Heine sosteneva che Dio stava morendo perché era diventato troppo misericordioso e compassionevole. E' il caso di aggiungere che anche questi sentimenti, più o meno divini, solcarono senza sosta, avanti e indietro, il Mediterraneo prima che giungesse Cristo. Poi vennero i crociati, le navi con la bandiera che ricordava il Profeta, la flotta di Lepanto, troppo altro.
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