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Ucraina, i giorni della svolta

25 febbraio 2014

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Notizie EuropaLe carte militari di Mosca nella crisi ucraina

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Le carte militari di Mosca nella crisi ucraina

Marinai russi nella base navale ucraina di Sevastopol, nel Mar Nero (Reuters)Marinai russi nella base navale ucraina di Sevastopol, nel Mar Nero (Reuters)

Kiev ha diffidato oggi la Russia dal dispiegare le sue forze militari schierate in Crimea al di fuori dell'area della base navale di Sebastopoli ammonendo che un'azione del genere verrebbe considerata «un atto di aggressione», come ha detto il presidente ad interim Oleksander Turchinov. «Mi appello alla leadership militare della flotta russa sul Mar Nero», ha dichiarato il presidente che è anche comandante supremo delle forze armate ucraine, «qualsiasi movimento militare, ancor più se in armi, al di fuori del territorio della base sarà visto come un'aggressione militare».

Nonostante le tensioni di queste ore (dopo che miliziani filo-russi hanno occupato le sedi del Parlamento e del governo autonomo della Crimea a Sinferopoli) e l'incertezza circa l'integrità territoriale dell'Ucraina, le capacità militari che i russi possono realmente mettere in campo non sembrano tali da giustificare la preoccupazione per operazioni in grande stile: troppo costose in termini finanziari, anacronistiche in termini politici e insostenibili in termini militari.

Il ministero degli Esteri russo ha assicurato il "rispetto rigoroso" degli accordi internazionali sulla propria flotta nel Mar Nero, precisando che «i movimenti di singoli mezzi armati della Flotta sono stati fatti nel pieno rispetto degli accordi e non richiedono alcun chiarimento».

I 26 mila militari russi dislocati nella base di Sebastopoli (secondo stime dell'Istituto Germanico di politica internazionale) utilizzabile dalle truppe di Mosca fino al 2042 in base all'accordo bilaterale rinnovato recentemente, sono per lo più marinai addetti ala gestione logistica della base che è sede della Flotta del Mar Nero (che copre anche il Mar Mediterraneo e da cui dipende la base navale di Tartus, in Siria) e membri degli equipaggi della quarantina di unità navali che compongono la flotta. Si tratta di una mezza dozzina di cacciatorpediniere e fregate, una decina di corvette, due sottomarini, 7 navi d sbarco, altrettante motovedette lanciamissili e una decina di dragamine, mentre le unità aeree comprendono una ventina di bombardieri Sukhoi 24, una trentina di elicotteri e una dozzina di aerei da trasporto.

Le uniche forze utilizzabili per operazioni sul territorio sono circa 1.500 fanti di marina e un migliaio di addetti alle batterie di difesa costiera antiaerea. Anche l'arrivo a Sebastopoli di 200 uomini delle forze speciali e di una decina di blindati a bordo della nave Nikolai Filchenkov e il dispiegamento, nella base in territorio russo di Anapa, di altre reparti di forze speciali con elicotteri, sembrerebbero indicare il rafforzamento delle capacità difensive del grande complesso militare russo in Crimea, e non certo un piano per occupare l'intera penisola.

Valutazioni di tipo politico ed economico contribuiscono inoltre a scoraggiare avventure militari di Mosca in territorio ucraino, nonostante qualche preoccupazione destino le grandi manovre militari, peraltro pianificate da mesi, in corso ai confini ucraini, che coinvolgono 150 mila militari con un migliaio di mezzi corazzati e 150 aerei da combattimento. Mosca non può permettersi di perdere la base di Sebastopoli, indispensabile per contenere la presenza della Nato in Mediterraneo e sostenere il regime siriano. Per dimensioni e infrastrutture, Sebastopoli non è inoltre rimpiazzabile (almeno non in breve tempo) da altri porti russi sul Mar Nero. Mosca potrebbe assumere un preciso ruolo militare solo qualora la crisi ucraina degenerasse in una guerra civile in cui lo sfaldamento delle forze armate e di polizia di Kiev mettesse a repentaglio la vita della popolazione russa in Crimea e nelle regioni orientali del Paese a rischio di secessione.

Un simile scenario potrebbe indurre Mosca ad attuare uno schema d'intervento simile a quello messo in atto in Ossezia del Nord e Abkhazia durante la guerra contro la Georgia nell'estate del 2008 (ma su scala ben più vasta), con l'invio di truppe giustificato dalla necessità di proteggere i civili e la fornitura di armi alle milizie filorusse. Ipotesi al momento teoriche, tenuto conto che Mosca è preoccupata dal rischio di sfaldamento dell'Ucraina forse ancor più di quanto tema un governo filo-occidentale a Kiev.

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