Commenti

Il prossimo rischio per l'Europa

  • Abbonati
  • Accedi
Global view

Il prossimo rischio per l'Europa

Monaco – La crisi dell'euro ha attraversato sei fasi. È bene ricordarle perché ci mostrano come i politici abbiano vacillato nel tentativo di domare gli incendi senza guardare dove li stava portando la strada che avevano intrapreso. Al momento i mercati sono calmi, ma questo è solo l'inizio della settima fase della crisi durante la quale l'Europa resterà invischiata nell'indebitamento. Ricapitoliamo le diverse fasi, procedendo per ordine:
- Nel 2007 scoppia la bolla inflazionistica provocata dall'introduzione dell'euro.

- I Paesi del Sud dell'eurozona si affidano alla stampa di cartamoneta come alternativa ai finanziamenti privati internazionali, opzione resa possibile da un drammatico abbassamento degli standard collaterali per il rifinanziamento del credito alle banche da parte delle banche centrali nazionali dell'eurozona.
- La Bce acquista debito pubblico attraverso il suo Securities Markets Programme (Smp), il programma mirato a mantenere il valore di questi collaterali.
- Vengono attuati meccanismi di salvataggio fiscale per togliere dai guai i Paesi colpiti e la Bce.
- La Bce promette di acquistare quantità illimitate di debito pubblico grazie al programma dell'Outright monetary transactions (Omt), ovvero lo scudo anti-spread, pensato per incoraggiare ulteriori flussi di capitale privato verso il Sud dell'Europa, ritenendo le misure di salvataggio fiscale insufficienti e politicamente troppo restrittive.
- La responsabilità di creditori e investitori viene limitata al solo 8 per cento del totale di bilancio delle banche nella prospettiva della nuova Unione bancaria europea, misura volta a garantire più credito internazionale privato alle banche colpite.

La settima fase della crisi è caratterizzata da un aumento del rischio morale generato dall'indebitamento accumulato. Con la collettivizzazione dei rischi di investimento, grazie alle misure di salvataggio finanziario istituite dalla Bce e dai governi membri dell'eurozona, gli investitori stanno accettando ancora una volta bassi rendimenti e chi prende in prestito sta cogliendo le nuove opportunità.
Per sicurezza, nel 2011, è stato adottato il cosiddetto Fiscal compact proprio per evitare questa eventualità. Il Fiscal compact, ovvero il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria firmato da tutti gli Stati membri dell'Ue ad eccezione di Regno Unito e Repubblica Ceca, tra le tante cose vincola i Governi a ridurre annualmente il loro rapporto (agevolato) debito/Pil di un ventesimo della differenza fra il rapporto debito reale/Pil e il limite di Maastricht del 60 per cento. Tuttavia, le eccezioni previste dal Compatto hanno di fatto eliso quei vincoli.
Se il Compatto fosse entrato in vigore, l'Italia avrebbe dovuto ridurre il suo rapporto debito/Pil dal 121 per cento nel 2011 al 112 per cento nel 2014. Invece, il rapporto di indebitamento italiano è salito alle stelle e la Commissione europea prevede che toccherà il 134 per cento alla fine di quest'anno.

Allo stesso modo, il rapporto di indebitamento spagnolo sarebbe dovuto scendere da 71 a 69 per cento, mentre è probabile che salga al 99 per cento. Il rapporto di indebitamento greco aumenterà da 170 a 177 per cento (nonostante un piano di salvataggio di 58 punti percentuali nel 2012), quello del Portogallo aumenterà da 108 a 127 per cento e quello della Francia dall'86 al 96 per cento. Eppure, anziché ammettere tristemente i loro errori, i Governi in questione stanno passando all'offensiva rifiutando categoricamente l'austerità.
Il nuovo premier italiano, Matteo Renzi, è stato eletto con questo programma ed è così che il premier greco Antonis Samaras sta cercando di contrastare il suo rivale di sinistra Alexis Tsipras. La Corte costituzionale portoghese ha vanificato gli sforzi di consolidamento fiscale del Paese e il nuovo primo ministro francese Manuel Valls si sta schierando contro l'austerity. A quanto pare tutti vogliono solo crescita. Malauguratamente, quando i politici parlano di crescita il sottotesto è che vorrebbero poter accumulare un maggiore deficit pubblico.

Un aumento del deficit pubblico provoca un aumento a breve termine della domanda che contribuisce ad aumentare il grado di utilizzo della capacità produttiva e a mantenere la disoccupazione sotto controllo. Tuttavia, il nuovo debito non è nient'altro che una specie di droga che allenta la pressione a intraprendere misure dolorose per migliorare la competitività e la capacità di crescita.
Questo nuovo allentamento nella disciplina del debito rispecchia una socializzazione dei potenziali costi di fallimento in tutti i Paesi dell'eurozona, attraverso meccanismi di responsabilità congiunta. È questa mutualizzazione del debito che ha spinto i creditori ad accettare tassi di interesse più bassi, e sono i tassi di interesse più bassi ad aver permesso a Renzi, Samaras, Valls e agli altri di prendere le distanze dalle politiche di austerity.
Non c'è niente di sorprendente in questo: quando un politico può arrogarsi tutto il merito dei risultati di una certa politica e collettivizzarne i costi, la attuerà prima, con tempi più rapidi e più di quanto non avrebbe fatto se avesse dovuto sopportarne i costi da solo. Strabiliante è invece la prosaicità con cui i prevaricatori dell'Europa riescono a nascondersi sotto il mantello di una nuova rivoluzione sociale.

Basta guardare gli Stati Uniti per vedere quanto pericoloso e di fatto insostenibile sia diventato il percorso dell'eurozona. Quando uno degli Stati americani accumula troppo debito, i creditori s'innervosiscono e vengono introdotte misure di austerity per evitare il rischio di bancarotta, come è successo negli ultimi anni in California, Illinois e Minnesota.
Ma tutto questo avviene quando il rapporto debito/Pil è ancora minimo e chiaramente inferiore al 10 per cento perché i creditori sanno che nessuno verrà in loro aiuto. La Federal Reserve non acquisterà i loro titoli di stato e le autorità federali non emetteranno alcuna garanzia.
In Europa, invece, il facile accesso alla stampa di cartamoneta prima e dopo la fondazione della Bce, insieme ai nuovi meccanismi di salvataggio fiscale fanno sì che gli investitori comincino a innervosirsi solo quando i coefficienti di indebitamento sono più alti di 10-20 volte. Di conseguenza, il livello del debito aumenta fino a quando non sfugge al controllo.
Il limite critico oltre il quale scatta la preoccupazione dei creditori è stato alzato notevolmente dall'architettura di salvataggio messa in atto negli ultimi due anni. Questo porterà qualche anno di calma mentre i livelli di indebitamento saliranno inesorabilmente fino al limite. Quando la tempesta arriverà, saranno i comuni cittadini a essere colpiti mentre i politici e le loro pensioni verranno risparmiati.
(Traduzione di Francesca Novajra)
Hans-Wiener Sinn insegna Economia e Finanza Pubblica presso l'Università di Monaco di Baviera ed è presidente dell'Ifo.
© Project Syndicate, 2014

© Riproduzione riservata