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I due problemi che minano l'efficienza della Consob

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economia

I due problemi che minano l'efficienza della Consob

Al Festival dell'economia di Trento, Renzi ha annunciato che il Governo si appresta a nominare il terzo commissario della Consob, colmando finalmente il vuoto lasciato aperto lo scorso dicembre quando Michele Pezzinga completò il suo mandato. Una notizia da accogliere con soddisfazione, ma purtroppo i problemi di oggi della Consob non riguardano solo la completezza del collegio e dunque non verranno risolti dalla nomina, quale che sia il prestigio e la competenza del nuovo commissario.

Ci sono almeno due questioni gravi aperte, che minano l'efficienza e la credibilità di questa istituzione, fondamentale per garantire correttezza e trasparenza dei mercati, cioè due ingredienti essenziali della ripresa economica che è l'obiettivo fondamentale dell'azione di governo.

Il primo riguarda l'organo di vertice, cioè il collegio. La decisione del Governo Monti di ridurre i componenti da cinque (come in molti paesi) a tre, non solo ha portato ad una riduzione di spesa irrisoria e che comunque non tocca le casse pubbliche, poiché ormai la Consob è totalmente a carico del mercato, ma ha drasticamente limitato la dialettica dell'organo decisionale e quindi la capacità di produrre decisioni efficienti e democraticamente fondate. E normale che questioni delicate vengano alla fine prese a maggioranza, ma è inaccettabile che questioni vitali per l'assetto dell'industria finanziaria italiana, come Unipol, vengano decise solo per il voto del Presidente, nonostante due commissari su tre non fossero favorevoli (uno, contrario esplicitamente, l'altro astenuto). Il rischio che la Consob sia un organo collegiale in circostanze ordinarie e si trasformi di fatto in organo monocratico ogni qual volta appaiano divisioni era stato più volte annunciato in tempi non sospetti (compreso da chi scrive) e si è puntualmente verificato. Occorre dunque riprendere la proposta che il Governo Letta aveva presentato verso la fine dell'anno scorso e che aveva poi ritirato al primo stormire di fronde.

Ma c'è di più. Mai come in questi ultimi anni, la Consob ha vissuto lacerazioni profonde al suo interno: un ex commissario ha lamentato di non essere stato informato di fatti rilevanti riguardanti vicende assai delicate; un altro ha stigmatizzato in un articolo apparso su una rivista accademica le vischiosità del processo decisionale interno e la scarsa collegialità. Ma le cronache di questi giorni ci dicono anche di profonde spaccature tra uffici, di un coordinamento basato su criteri personalistici e di puro potere interno, di ruoli apicali abnormi.

Gran parte di questi problemi si può ricondurre alle riforme organizzative volute dal presidente Vegas, che oggi è a metà mandato. Volendo guardare solo ai fatti, va ricordato che egli ha sdoppiato il vertice della struttura, affiancando al direttore generale (figura già esistente) un segretario generale; inoltre, ha messo in posizione chiave persone scelte sulla base di rapporti fiduciari personali, cosa mai fatta da nessuno dei tre presidenti con cui ho avuto l'onore di collaborare. In particolare l'attuale Direttore Generale, subentrato dopo il pensionamento di uno dei migliori dirigenti storici della Consob, Antonio Rosati, è entrato per chiamata diretta (quindi sulla base di un rapporto fiduciario personale con il presidente) ed è ha un profilo puramente amministrativo e politico.

Una scelta grave sul piano del metodo (negli altri paesi si avvia un processo di selezione pubblica, con avvisi su internet e sulla stampa: è così che è stato scelto l'attuale Governatore della Bank of England). Ma ancora più criticabile sul piano del merito perché se è comprensibile che le competenze del segretario generale siano di tipo amministrativo , quelle del direttore generale devono prevalentemente essere di tipo economico e finanziario. Il guaio è che lo stesso può dirsi per molti altri ruoli chiave, tutti decisi per chiamata diretta e accomunati da un unico merito: quello di non aver mai avuto alcun rapporto diretto con il mercato e di aver frequentato solo capi di gabinetto ministeriale o di aver percorso brillanti carriere nella giustizia amministrativa.

Sempre al Festival di Trento, dedicato alle classi dirigenti, molto si è insistito sull'importanza della selezione e della meritocrazia, ma anche qui la Consob presenta gravi criticità: una struttura organizzativa sempre più barocca (articolata in nove divisioni e otto uffici di staff, con uno stato maggiore elefantiaco (32 persone solo negli uffici del presidente e del direttore generale). Per di più si parla di stabilizzare i funzionari assunti per contratto: ma i "concorsi riservati" cari all'amministrazione di una volta, sono un ossimoro: o sono concorsi, cioè aperti a tutti, o sono riservati. E la stabilizzazione di personale per contratto assunto per chiamata diretta, anziché su selezione pubblica grida vendetta di fronte alle migliaia di giovani brillanti in cerca di una gara regolare in cui esprimere il proprio talento. Il risultato netto di tutto ciò si riflette sulla qualità del capitale umano della nostra autorità amministrativa. Oggi, nessuno dei dirigenti di vertice ha avuto un'esperienza operativa e di mercato negli ultimi venti anni. In altri paesi, il problema è che ci sono troppe porte girevoli fra mercato e autorità; qui non solo siamo alle paratie stagne, ma si ha l'impressione che per entrare occorra conoscere la parola d'ordine.

Insomma, il problema Consob è tanto grave quanto complesso e risale a prima e della gestione Vegas, che pure ha esasperato le criticità. Occorre quindi un dibattito intenso che porti a correggere nel più breve tempo possibile le distorsioni che si sono via via accumulate e che possa nel medio periodo ridisegnare la governance complessiva della Consob, come ha giustamente ricordato Massimo Mucchetti («Repubblica» del 2 giugno). E il mercato che oggi oggi si assume l'onere del funzionamento della Consob, dovrebbe essere il primo a muoversi e far sentire la sua voce. Molto c'è da fare e molto da discutere, ma per l'Italia della ripresa occorre ben di più una Consob con un collegio (ridotto) finalmente completo.

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