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Un doloroso anniversario in Argentina

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Un doloroso anniversario in Argentina

Vent'anni fa Buenos Aires fu teatro del più sanguinoso grande atto di terrorismo contro una comunità ebraica nel dopoguerra. Il 18 luglio 1994, un'auto-bomba, o una carica di esplosivo nascosta tra i rifiuti, il mistero permane, distrusse la Asociación Mutual Israelita Argentina (AMIA). Morirono 85 persone e ne rimasero ferite 300. Due anni prima, un attentato contro l'Ambasciata d'Israele nella capitale argentina aveva fatto 29 morti e 242 feriti.

La comunità ebraica argentina è la più grande in America Latina e una delle principali al di fuori d'Israele. Non solo numerosa ma anche senza dubbio potente, in un paese allora governato da un presidente di origine siriana, che aveva posto fine al parziale non-allineamento del paese, descrivendo come "carnali" le relazioni con Washington e avvicinandosi a Gerusalemme. L'amministrazione di Carlos Menem era già allora sospettata di inusuali livelli di corruzione, come del resto sarebbe stato provato successivamente. Abbastanza elementi, insomma, per rendere difficile la ricerca della verità.

Inizialmente venne seguita la cosiddetta pista interna, accusando dell'esecuzione dell'atto un modesto avvocato, ultimo proprietario del veicolo. Carlos Telledín accusò la polizia bonaerense di aver ordinato l'attentato per punire Menem. Colpo di scena nel 2004, quando il tribunale assolse Telledín e accusò invece l'ex-presidente, l'ex capo dei servizi e il magistrato istruttore di avergli consegnato una somma ingente per convincerlo a testimoniare. Cinque anni dopo fu la Corte Suprema a revocare l'assoluzione. L'ultima "rivelazione" è che un poliziotto dal cognome ambiguo, Pérez, si sarebbe infiltrato nella comunità ebraica. Il processo contro Menem per aver sviato le indagini si aprirà tra qualche mese.

Nel 2005, l'allora Cardinale Jorge Mario Bergoglio era stato primo firmatario della petizione "85 vittime, 85 firme" che chiedeva giustizia per le vittime. Un anno dopo la procura di Buenos Aires accusò il governo iraniano di essere mandante e organizzatore dell'atto criminale, come rappresaglia per la decisione argentina di sospendere un accordo di trasferimento di tecnologia atomica, e Hezbollah di esserne stato l'esecutore materiale. Nel 2007 l'Interpol emise un mandato d'arresto internazionale per Imad Mugniyah, dirigente della Jihad islamica, e cinque complici iraniani. Fu in quell'anno che il presidente Néstor Kirchner denunciò al Palazzo di Vetro la mancata collaborazione di Teheran, la cui reazione fu prevedibile – accusare Kirchner di essere vittima delle pressioni di "gruppi sionisti".

L'attuale presidente, Cristina Fernandez de Kirchner, ha invece scelto la strada del dialogo con l'Iran. Il 27 gennaio 2013, ad Addis Abeba, i rispettivi ministri degli Esteri firmarono un Memorandum d'intesa per creare una "Commissione Verità" – un gesto altamente significativo per un paese che nel 1983 ne aveva formata una per indagare sui crimini della guerra sucia. Approvato dal Parlamento argentino, ma non da quello iraniano, nel maggio di quest'anno l'accordo è stato però dichiarato "incostituzionale, contrario alle leggi argentine, una cessione della sovranità nazionale e un passo indietro nell'indagine giudiziale" dalla giustizia di Buenos Aires.

Anche perché nel frattempo il PM argentino Alberto Nisman aveva emesso un nuovo atto di accusa nei confronti dell'Iran, per aver creato una rete nell'Emisfero occidentale (anche in Brasile, Paraguay, Uruguay, Cile, Colombia, Guyana, Trinidad e Tobago e Suriname) per commettere, fomentare e appoggiare atti di terrorismo. Secondo Nisman, quello dell'AMIA non fu un atto isolato, quanto un episodio in un piano molto più ampio, teso a condizionare la politica interna ed estera dei principali paesi latinoamericani.
Anche per l'attentato del 1992 la giustizia argentina ha accusato il regime iraniano, che insieme a Hezbollah voleva vendicare l'eliminazione da parte israeliana dello sceicco Abbas al-Musawi e della sua famiglia. Un'auto-bomba fatta esplodere da un gruppo di pakistani, coordinati dall'allora addetto culturale iraniano a Buenos Aires. Nel marzo 2010, l'allora ambasciatore israeliano in Argentina, Daniel Gazit, rivelò che Mugniyah era stato eliminato nel 2008.

Una storia, quella dell'attentato all'AMIA, che si legge come un giallo ma che ovviamente è un tragico episodio nella lotta globale tra lo stato ebraico e i suoi nemici. Il terrorismo internazionale e l'antisemitismo sono capaci di agire ben al di fuori dei confini del Medioriente e gli interessi in gioco sono complessi. Anche all'interno della stessa comunità ebraica porteña, che ha scelto di commemorare divisa l'anniversario – una parte a fianco delle autorità nazionali, un'altra sola in segno di protesta contro la presunta condiscendenza verso i mandanti dell'attentato. Come ha detto il giudice spagnolo Baltasar Garzón commemorando l'anniversario qualche anno fa, "il 18 luglio del 1994 ci siamo tutti avvicinati un po' di più alla morte, come succede ogni volta che colpisce il terrorismo e il fanatismo religioso".

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