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«E tu ti definisci un economista?»

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Global view

«E tu ti definisci un economista?»

Forse mi sto illudendo, ma mi sembra che non si senta più parlare tanto come prima dei «veri americani», cioè l'idea che la vera essenza della nazione sia costituita da bianchi che vivono in città di piccole dimensioni, associata in questi giorni a Sarah Palin, ma evocata anche da coso, lì, come si chiama, quel tizio che è vissuto alla Casa Bianca fra il presidente Clinton e il presidente Obama e ha condotto il Paese in guerra con l'inganno. Ma sono sicuro che a destra sono ancora in tanti a pensarla così.

Quel concetto mi è tornato in mente per via di qualcosa di analogo che ho notato riguardo alle reazioni a ciò che scrivo. Spesso, ho riscontrato, le email e i messaggi vocali più rabbiosi mi arrivano dopo che ho scritto qualcosa di abbastanza «economicistico». E di regola parte dell'invettiva è sulla falsariga di: «E tu ti definisci un economista?».

Vedete, la persona che pronuncia l'invettiva ha una sua idea su cosa sia la scienza economica: per lui (è quasi sempre un lui) il «vero economista» dev'essere uno che canta le lodi del libero mercato; il capitalismo la trionferà, insomma. Per lui è inconcepibile che si possa avere una visione più sfumata senza essere un marxista. A farlo infuriare sono due cose: che io abbia la spudoratezza di sostenere che sono un economista e che altre persone sembrino prendermi sul serio. E non sono solo isolati militanti del Tea Party a pensarla così, ma anche presentatori televisivi e qualche economista famoso.

La cosa davvero peculiare è che è difficile immaginare un'epoca in cui questa visione è altrettanto smentita dai fatti. Stiamo appena cominciando a uscire da un drammatico tracollo economico che non ha nulla a che fare con fattori legati all'offerta, ma appare chiaramente collegato a malfunzionamenti dei mercati. E dopo il disastro, i presunti veri economisti hanno fatto un mucchio di previsioni sull'inflazione che sarebbe finita fuori controllo, i tassi di interesse che sarebbero esplosi e così via, e tutte queste previsioni si sono dimostrate clamorosamente sbagliate, mentre gli economisti non veri come me più o meno ci hanno azzeccato.

In verità, quasi nulla sembra indicare che la «vera economia» sia esatta anche in tempi normali. L'efficienza dei mercati competitivi è una bella storia, ma dove sono le previsioni clamorosamente azzeccate che generalmente si vanno a cercare per avere conferma delle teorie scientifiche? In realtà, l'assunto diffuso, anche tra gli economisti stessi, secondo cui la microeconomia sarebbe ben fondata e notoriamente valida, mentre la macroeconomia sarebbe inconsistente e incerta, mi sembra che sia basato sul pregiudizio, più che sull'evidenza. Sì, gran parte della microeconomia può essere ricavata in modo rigoroso dalla massimizzazione individuale più l'equilibrio. Ma non mi è ben chiaro perché questo dovrebbe renderla più esatta.

Insomma, nella mia mente la vera America è l'America variegata in cui viviamo realmente, e la vera scienza economica è il miscuglio eclettico di idee e tecniche che sembrano risultare utili, a prescindere se abbiano o non abbiano fondamenta microeconomiche rigorose. E questo lo dico da vero americano e da vero economista.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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