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Krugman: inflazione, «culto» da combattere

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L'ANALISI

Krugman: inflazione, «culto» da combattere

Quando ero un giovane economista che cercava di costruirsi una carriera, vivevo (o pensavo di vivere) in un mondo in cui le idee, e coloro che le sostenevano, ingaggiavano un combattimento intellettuale relativamente aperto.

Naturalmente c'erano persone che rimanevano attaccate ai loro pregiudizi, e naturalmente, certe volte, lo stile prevaleva sulla sostanza. Ma in generale ero convinto che le idee migliori tendessero a prevalere: se il vostro modello sui flussi commerciali o sulle fluttuazioni del tasso di cambio collimava con i dati reali meglio di quello di qualcun altro, o risolveva problemi che altri modelli non riuscivano a risolvere, potevi aspettarti che molti ricercatori del tuo campo, o quasi tutti, lo avrebbero adottato.

In buona parte della scienza economica, questo è ancora vero. Ma nelle aree che contano maggiormente per lo stato del pianeta, non è vero affatto. Le persone che nel lontano 2009 dichiaravano che le teorie keynesiane erano una sciocchezza e che l'espansione monetaria avrebbe inevitabilmente provocato un'esplosione dell'inflazione continuano a dire esattamente la stessa cosa dopo sei anni di inflazione in sonno e prove inoppugnabili del fatto che le politiche di austerità producono sull'economia di un Paese proprio gli effetti che Keynes sosteneva producessero.

E non stiamo parlando solo di strambi personaggi senza credenziali accademiche: stiamo parlando di fondatori dello Shadow Open Market Committee, di premi Nobel.
Ovviamente non è un problema che riguarda solo la scienza economica: è onnipresente, dalla climatologia e dalla teoria dell'evoluzione alla storia personale di Bill O'Reilly. Ma la cosa significativa è che l'economia accademica, che ancora ha pretese di essere un'arena di indagine intellettuale scevra da pregiudizi, sembra profondamente infettata dal morbo della politicizzazione.

E allora cosa dovrei fare io e gli altri economisti che la pensano come me?
Vedo tre possibilità:
1. Continuare a scrivere e parlare come se fosse veramente in corso un dialogo intellettuale autentico, nella speranza che a forza di buone maniere e perseveranza la finzione si tramuti in realtà. Il problema di questa strategia è che rischia di finire per legittimare lavori che non meritano rispetto (e c'è anche la tendenza a lasciare che le vostre stesse ricerche vengano distorte dagli sforzi per trovare un terreno comune dove non ne esiste nessuno).
2. Sottolineare l'infondatezza di certe tesi, ma in modo tranquillo ed educato. Questa linea d'azione ha il pregio di essere sincera e utile per tutti quelli che vi leggono. Ma non vi leggerà nessuno.
3. Sottolineare l'infondatezza di certe tesi con modalità pensate appositamente per catturare l'attenzione del lettore, usando lo scherno quando necessario, ricorrendo al sarcasmo e facendo i nomi. Così otterrete di essere letti. Otterrete anche un seguito di sostenitori appassionati e tantissimi nemici giurati. Una cosa che non otterrete, però, è di far cambiare idea a chi non è disposto a farlo.

C'è una ragione per cui preferisco la terza opzione, oltre al fatto che mi va semplicemente di dire la verità e al contempo divertirmi un po'? Sì, c'è: perché lo scopo non è convincere Rick Santelli della Cnbc o l'economista Allan Meltzer che si sbagliano, cosa che non accadrà mai. Lo scopo è scoraggiare gli altri dall'operare false equivalenze. I seguaci del culto inflazionista non si smuoveranno di un centimetro dalle loro convinzioni, ma quei giornalisti e redattori che tendono a scrivere articoli del genere «le opinioni divergono sulla forma del pianeta» di tanto in tanto si può riuscire a scoraggiarli se gli si dimostra che stanno prestando credito a dei ciarlatani. E questo a sua volta può riuscire a spostare pian piano i termini del dibattito.

E il culto inflazionista è un perfetto esempio in tal senso. Sì, capita ancora di leggere articoli che trattano le due parti come se fossero equivalenti, ma molto meno che in passato. Quando Paul Singer – l'uomo che è convinto che l'inflazione stia esplodendo perché salgono i prezzi delle ville extralusso nei sobborghi dei superricchi newyorchesi – si lamenta della «krugmanizzazione» dei media – che hanno l'impudenza di far notare che l'inflazione che lui e i suoi amici continuano a preconizzare non si materializzerà mai – è un segnale che qualche risultato lo stiamo ottenendo.
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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