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Settant'anni sono troppi per le Nazioni Unite?

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Global view

Settant'anni sono troppi per le Nazioni Unite?

  • –di Shashi Tharoor

Appena celebrati i 70 anni dell'Onu, la domanda è d'obbligo: davanti ai crescenti disordini mondiali tra cui i tumulti in Medio Oriente, le ondate di profughi verso l'Europa e le misure unilaterali della Cina per far valere le proprie rivendicazioni territoriali, le Nazioni Unite hanno un futuro?

In effetti, c'è poco di che essere ottimisti. I conflitti agitano il pianeta nell'apparente indifferenza dei sostenitori dell'ordine mondiale. Nonostante più di vent'anni di colloqui, i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti) riflettono ancora le realtà geopolitiche del 1945, e non quelle del 2015. Non avendo avuto uno spazio commisurato alla propria forza economica all'interno delle istituzioni di Bretton Woods (Banca mondiale e Fmi), la Cina si è trovata delle alternative e altri Paesi potrebbero seguirne l'esempio. Il G-20 sembra essere più rappresentativo del Consiglio di Sicurezza e più impegnato verso un obiettivo comune.

Ciononostante, l'Onu non dovrebbe essere eliminato, continua ad assolvere una funzione fondamentale e la sua storia ci fa capire che può essere rilanciato per poter soddisfare le esigenze del Ventunesimo secolo.Le Nazioni Unite sono nate nel 1945, dalla visione comune dei leader dei Paesi alleati usciti vittoriosi dalla Seconda guerra mondiale e determinati a fare in modo che la seconda metà del Ventesimo secolo non seguisse il copione della prima. Dopo due conflitti mondiali, innumerevoli guerre civili, brutali dittature, espulsioni di massa e gli orrori dell'Olocausto e di Hiroshima, quel loro “mai più” non traduceva solo un impegno a parole, poiché l'alternativa sarebbe stata troppo apocalittica da contemplare.

A tal fine, gli Alleati cercarono un'alternativa alla politica del bilanciamento dei poteri che aveva generato tanta devastazione cinquant'anni prima. La loro idea – che oggi viene definita “governance globale” – era creare un'architettura istituzionale che avrebbe promosso la cooperazione internazionale, elaborato norme globali consensuali e stabilito regole prevedibili e universalmente applicabili, a beneficio di tutti.Le speranze che molti riposero nella Carta delle Nazioni Unite vennero presto dissolte dalla Guerra Fredda. Eppure gli statisti di tutto il mondo fecero buon uso della nuova organizzazione come forum in grado di contenere le tensioni tra le superpotenze. Le missioni di mantenimento della pace, nemmeno menzionate sulla Carta, erano state pensate per contenere i conflitti in tutto il mondo e impedire che degenerassero in uno scontro tra superpotenze. È grazie alle Nazioni Unite se non è mai scoppiata una Terza guerra mondiale.

E poi, le Nazioni Unite non hanno contribuito solo al mantenimento della pace: i loro sforzi nel processo di decolonizzazione hanno liberato milioni di persone dal giogo dell'oppressione imperialista e lo sviluppo economico e sociale è assurto ai primi posti dell'agenda.Con l'evoluzione della “governance globale”, il sistema dell'Onu è diventato il punto di approdo per innumerevoli “problemi senza passaporto”: la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il degrado ambientale, le epidemie, i crimini di guerra e i grandi esodi. Questi problemi richiedono “soluzioni senza passaporto” perché non possono essere risolti da un Paese solo o da un gruppo ristretto di Paesi.

E l'universalità porta legittimità: poiché tutti i Paesi sono membri delle Nazioni Unite, l'Onu gode di un rispetto globale che conferisce alle sue decisioni e azioni un grado di autorità extraterritoriale superiore a qualsiasi singolo governo.L'ordine binario internazionale della Guerra Fredda è superato da un pezzo ormai, la metafora del mondo globalizzato di oggi è il world wide web dove funzioniamo sempre più attraverso un sistema di molteplici reti; a volte quelle reti si sovrappongono con attori comuni, altre sono distinte e tutte perseguono i nostri interessi in modi diversi e con scopi diversi. Un tempo, molti Paesi si sentivano immuni dai pericoli esterni – forti della propria ricchezza, potenza e lontananza – ma adesso hanno capito che le forze di sicurezza locali non bastano a proteggere i loro cittadini e che la sicurezza di tutti dipende da uno sforzo congiunto per combattere il terrorismo, l'inquinamento, le malattie infettive, le droghe illecite e le armi di distruzione di massa e per promuovere i diritti umani, la democrazia e lo sviluppo.

L'Onu non è riuscito pienamente a trasformare il riconoscimento in realtà, ma nel bene e nel male è ancora lo specchio del mondo. Come disse l'ormai leggendario Segretario generale Dag Hammarskjöld: «Le Nazioni Unite non sono state istituite per portare l'Umanità in paradiso, bensì per salvarla dall'inferno».Io credo fermamente che l'Onu abbia bisogno di riforme, e non perché abbia fallito, ma proprio perché è riuscito al punto che vale la pena investirci ancora. Come dimostra l'accordo sugli SDG, si può fare molto con l'Onu che fa da perno al sistema di “governance globale”.Inoltre, l'Onu si è dimostrato un'organizzazione estremamente adattabile: non avrebbe potuto sopravvivere tanto a lungo se non fosse stato così, per rinnovarsi e adattarsi al mondo di oggi, gli basterebbe un pizzico di quella capacità politica che aveva dimostrato settant'anni fa, quando i leader mondiali avevano subordinato i loro interessi immediati a una visione più lungimirante del mondo che avrebbero voluto per i loro figli.

L'Onu resta la fonte di norme e di leggi che i Paesi negoziano insieme e che scelgono di adottare come “regole della strada” e continua a essere il forum principale dove gli Stati sovrani possono ritrovarsi per condividere carichi, problemi e opportunità comuni.In altre parole, le fondamenta gettate nel 1945 continuano a tenere molto bene, ma devono essere rafforzate per reggere i cambiamenti in atto nell'equilibrio strategico dei diversi Paesi. In questo settantesimo anniversario, l'Onu deve ribadire la visione dei suoi fondatori, una visione nata dalla devastazione che continua a essere fonte di speranza per un mondo migliore.

(Traduzione di Francesca Novajra)

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