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L’era glaciale dei tassi: perché anche i BoT finiscono sotto zero

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EFFETTO QE

L’era glaciale dei tassi: perché anche i BoT finiscono sotto zero

L’Italia chiede il suo spazio nell’era glaciale della finanza, quella dei tassi sotto zero. In questa settimana sono arrivate tre forti notizie su questo fronte: l’Euribor a 3 mesi (l’indice caro a chi ha un mutuo a tasso variabile) è scivolato per la prima volta nella storia dell’Eurozona in territorio negativo, la Spagna ha collocato Bonos a 3 mesi sotto zero (-0,029%). E ieri si è aggiunta l’Italia con il BoT a 3 mesi (scadenza 30 giugno) che è scivolato sul mercato secondario sin dalle prime battute a -0,007%. Era dallo scorso dicembre che questa scadenza non finiva sotto quota 0. Segnale che sul mercato obbligazionario è tornato quello stesso senso di euforia di fine anno, quando però lo spettro del default della Grecia era lontano.

Così, dopo i Paesi core, che da tempo viaggiano a tassi negativi (la Germania addirittura su scadenze fino a sette anni) anche la periferia dell’Eurozona - Italia compresa - sta entrando di diritto in questo club. Complici gli acquisti della Bce che fanno parte del quantitative easing partito ufficialmente a marzo e le aspettative ancora basse sul recupero dell’inflazione. L’era glaciale della finanza è testimoniata anche dalle aspettative sul prossimo rialzo dei tassi in Europa. Secondo i contratti future, i mercati attualizzano ad oggi questo evento solo a dicembre 2019: come dire, ci vorrà ancora molto tempo prima che il quadro si inverta e, soprattutto, si normalizzi. C’è chi ipotizza a questo punto che il governatore della Bce Mario Draghi possa concludere il suo mandato di otto anni senza aver mai alzato il costo del denaro.In questo scenario per i piccoli risparmiatori investire si fa sempre più complesso (si veda bussola in basso) così come per i fondi pensione cercare di mantenere l’obiettivo dei rendimenti minimi garantiti senza assumere grossi rischi.

Va peraltro detto che i mercati azionari europei in questi primi mesi dell’anno hanno corso molto, semplicemente andando a correggere la svalutazione dell’euro nei confronti del dollaro. Adesso, per continuare a crescere, è necessaria la crescita economica. E su questo fronte arrivano segnali altalenanti. L'indice Pmi composito della zona euro, calcolato con un sondaggio fra i direttori degli acquisti delle aziende, ad aprile è calato a 53,5 da 54 di marzo, rispetto ad attese di 54,4. Dati deludenti dalle prime due economie dell’area, Francia e Germania. Questa notizia ha impattato ieri sulle Borse che hanno chiuso in rosso una giornata fortemente volatile, dove hanno prevalso le prese di beneficio. Piazza Affari ha ceduto lo 0,5% (ma nel corso della seduta è arrivata a perdere anche 1,5 punti percentuali). Vendite più consistenti a Francoforte (-1,21%) mentre Londra e Madrid hanno chiuso sopra la parità. In direzione opposta Wall Street con il Nasdaq che ha superato i massimi del marzo 2000, prima che scoppiasse la bolla dei titoli Internet.

Sulla parte lunga del mercato obbligazionario lo spread tra BTp e Bund a 10 anni è aumentato di tre punti base (a 124) ma resta lontano dai 140 di inizio settimana per effetto dello spettacolare rialzo nelle ultime sedute dei tassi del Bund tedesco (più che raddoppiati da 0,07% a 0,16%). La volatilità è la parola d’ordine sui mercati in questa fase, perlomeno fino a quando non arriveranno schiarite dalla Grecia (e oggi vi è una possibilità remota all’Eurogruppo). Tanto che l’euro in 24 ore a è passato da 1,06 a 1,08 dollari.

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