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Raccolta record per il risparmio gestito

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Raccolta record per il risparmio gestito

Il primo trimestre 2015 del risparmio gestito si chiude in crescendo: i 22,7 miliardi di flussi netti di capitale di marzo portano il saldo di raccolta da inizio anno su fondi comuni di investimento e gestioni patrimoniali a 52 miliardi. Come evidenziato nelle statistiche di Assogestioni, i fondi comuni si confermano protagonisti del settore e battono un record più che decennale di nuove sottoscrizioni, con 36 miliardi da gennaio e 15,5 miliardi lo scorso mese.

È indubbiamente un periodo d'oro per il settore, partito un paio d'anni fa, dopo una lunga disaffezione dei risparmiatori e di disattenzione da parte di grandi banche collocatrici. I principali attori del sistema concordano sul fatto che il contesto economico e finanziario, fatto di volatilità dei mercati e di bassi tassi di interesse, favorisca il successo degli strumenti della gestione del risparmio; e sul fatto che l'industria abbia l'opportunità di consolidare le posizioni nei portafogli degli italiani, in generale poco propensi ad affidarsi a consulenti e gestori.

«È un momento storico – commenta Piermario Motta, amministratore delegato di Banca Generali, che conta masse per 437 miliardi, cresciute di 1,9 miliardi a marzo e di 3 miliardi nel 2015 -. I rendimenti dei titoli governativi sono a zero e il settore immobiliare, altro tradizionale investimento degli italiani – è saturo e gravato da una fiscalità aggressiva. La strada imboccata è senza ritorno, perché i risparmiatori hanno bisogno di una consulenza più evoluta e il risparmio gestito offre valore aggiunto anche in un mondo dove i tassi possono salire».

In effetti, domanda e richiesta di fondi comuni di investimento si incontrano in categorie che rispondono ad esigenze di diversificazione dei portafogli, orfani dei BoT collocati con un tasso a zero, come nell'asta di ieri: anche in marzo i flessibili sono in testa agli incassi, con 6,9 miliardi (15,8 miliardi da gennaio). Questa tipologia comprende i fondi “multi-asset”, che differenziano il rischio su varie classi di investimento, lanciati di recente dalle società di gestione per soddisfare la ricerca di protezione e al contempo di rendimento dei clienti. «La diversificazione è obbligata perché le classi di investimento tradizionali non rendono – spiega Tommaso Corcos, amministratore delegato di Eurizon Capital, del gruppo Intesa Sanpaolo, primo per raccolta complessiva da inizio anno (+19 miliardi nel 2015 e +9 miliardi a marzo) -. Già da alcuni anni puntiamo sul multiasset e differenziare è stata la scelta giusta. Nel passato i fondi hanno fallito perché si puntava sul singolo prodotto, spesso troppo specializzato».

Ma grande appeal hanno sempre anche gli obbligazionari, spinti dai molti fondi a cedola che piacciono agli italiani, abituati a prendere dividendi periodici. E se gli stimoli monetari delle banche centrali offrono una rete di protezione al calo dei prezzi delle obbligazioni ai massimi assoluti, i gestori si fanno forti della capacità di aumentare le opportunità di ritorno. «Il 50% della raccolta di Pioneer Investments è su prodotti flessibili, a ritorno assoluto e multiasset – precisa Cinzia Tagliabue, amministratore delegato di Pioneer Investments Italia, che completa il podio dei campioni di raccolta con 2,9 miliardi a marzo e 6,5 miliardi da gennaio -. E anche tra gli azionari offriamo l'opportunità di diversificare su fondi a cedola che beneficiano del rialzo delle azioni selezionate e dall'individuazione di società che staccano buoni dividendi».

C'è poi chi intravede ulteriori possibilità di crescita in un mondo di tassi bassi, che può originare perdite sui prodotti obbligazionari più classici. Secondo Sergio Trezzi - a capo di Invesco in Italia, che ha raccolto 1 miliardo a marzo e 2,6 miliardi da gennaio, a fronte di 20 miliardi di patrimonio - l'arrivo a scadenza dei fondi a cedola è un'opportunità per i prodotti obbligazionari gestiti davvero attivamente, che spaziano in comparti dove il professionista sa trovare rendimento, come i subordinati bancari o i prestiti bancari, per fare un esempio.

Ma pure i classici fondi azionari e bilanciati hanno beneficiato della voglia di rendimento dei risparmiatori, con le entrate di marzo pari, rispettivamente, a 2,3 e a 2,1 miliardi (oltre i 5 miliardi nel 2015 per entrambe le categorie). Il patrimonio complessivo dell'industria, anche grazie all'effetto “performance” delle gestioni, aumenta di 42,8 miliardi rispetto a febbraio e raggiunge i 1.718 miliardi.

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