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L’«orso» è padrone del greggio. Che potrebbe scendere…

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BARILE AI MINIMI

L’«orso» è padrone del greggio. Che potrebbe scendere a 30 dollari se...

  • –con un articolo di Balduino Ceppetelli e Marco Valsania

Il prezzo del petrolio ha appena archiviato la settima flessione consecutiva settimanale, la più lunga striscia negativa dall’inizio dell’anno. Il «global glut», cioè l’eccesso di offerta in rapporto alla domanda, continua a dominare lo scenario internazionale e in assenza di cambiamenti gli investitori vendono a mani basse. Così il Brent si trova appena sotto i 50 dollari al barile e il Wti appena sopra i 40 dollari, un livello che non si vedeva dal marzo 2009, cioè pochi mesi dopo il collasso finanziario legato al crac di Lehman Brothers.

Rispetto al picco di giugno, quando il barile aveva ritrovato quota 60 dollari tra lo stupore degli analisti che non vedevano alcuna ragione (speculazione a parte) dietro il rimbalzo - la flessione è del 30 per cento. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia questo surplus di offerta è destinato a restare anche nel 2016, mentre dal canto suo l’Opec, il cartello dei Paesi produttori, ha annunciato che in luglio la sua produzione ha toccato il massimo degli ultimi tre anni a 31,5 milioni di barili, anche grazie al recupero dell’offerta iraniana.

Fin qui i dati certi. Quanto alle previsioni, che come sappiamo sono fatte per essere smentite, si nota tuttavia una singolare unità di vedute tra gli analisti. Cominciamo da Citigroup, che ha appena rivisto al ribasso le sue proiezioni sul prezzo medio del Brent a 54 dollari per il 2015 e a 53 dollari per il 2016 (solo in maggio parlava di 63 e 68 dollari); per il Wti ora parla di 48 dollari sia per quest’anno sia per il 2016 (56 e 60 dollari le indicazioni precedenti. La banca americana disegna anche uno scenario «bear case», cioè pessimista, al quale attribuisce una probabilità del 30%, dunque nient’affatto trascurabile, secondo il quale il Wti scivolerebbe fino a 30 dollari al barile a fine anno e vi resterebbe per tutta la prima metà del 2016. «L’euforia dell’Opc circa la sua capacità di vincere la guerra delle quote di mercato potrebbe essere un fattore chiave - spiega Edward Morse, il capo della ricerca sulle commodities di Citigroup - insieme a uno scenario geopolitico benevolo sul fronte dell’offerta».

Gary Shilling, a capo dell’omonima casa d’investimento, si è spinto a prevedere un petrolio a 20 dollari al barile, o anche sotto. Questo perché a suo avviso la guerra tra i Paesi produttori li spingerà a pompare greggio fino a quando i prezzi non scenderanno al di sotto dei costi di produzione.

Che cosa aspettarsi nei prossimi mesi? Morse prevede un «andamento a W», con brevi fiammate alternate a nuovi scivoloni all’interno di un trend comunque ribassista. L’andamento del 2015 è stato finora assai imprevedibile: secondo Morse un ruolo chiave in questi alti e bassi lo hanno avuto trading a breve termine, hedge fund e Etf. Insommma la finanza ha accentuato i movimenti al ribasso e al rialzo del greggio. Ma questo è un film già visto molte volte sui mercati delle commodities negli ultimi anni. (G.Me.)

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