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Banca Etruria, perquisizioni Gdf in sede e in 14 società finanziate

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Inchieste

Banca Etruria, perquisizioni Gdf in sede e in 14 società finanziate

AREZZO - Nuovi accertamenti da parte della Guardia di finanza di Arezzo per il caso di Banca Etruria. Ieri mattina 14 società, distribuite in quattro regioni (Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Lazio), sono state perquisite dagli uomini del nucleo tributario della Gdf per accertare eventuali responsabilità relativamente al filone d'inchiesta sul conflitto di interesse. Attualmente all'interno di questo dossier ci sono due indagati, il presidente dell'ultimo cda Lorenzo Rosi e l'ex consigliere Luciano Nataloni. I documenti sequestrati dalla Gdf permetteranno di valutare la possibilità di un ampliamento della lista degli indagati.

Prima di tutto è stata perquisita la sede della banca di Arezzo, prendendo tutti i verbali del cda. Poi la prima società perquisita è stata la Castelnuovese di San Giovanni Valdarno, la cooperativa di costruzioni di cui Rosi è stato dipendente e poi presidente, fino al luglio 2014. Prelevati documenti anche dalla Città Sant'Angelo spa e dalla collegata Città Sant'Angelo Outlet Village, che hanno ricevuto un fido di quindici milioni per la costruzione di un outlet alle porte di Pescara.

Non è stata invece oggetto di perquisizioni, come alcune indiscrezioni riportavano ieri, la Egnatia Shopping Mall, di cui la Castelnuovese è azionista e per cui Tiziano Renzi, il padre del premier, aveva un contratto di consulenza. Per i conflitti di interesse legati più precisamente a Nataloni, i finanzieri si sono recati in mattinata nelle varie sedi del Gruppo Casprini: le controllate Cd Holding, Cdg Srl a Milano, Praha Invest a La Spezia e Casprini Gruppo Industriale (acquisita documentazione anche dalla sotto-controllata Naos srl). Nell'elenco del decreto di perquisizione ci sono anche la Immofin di Prato, la Gianosa Srl di Reggio Emilia, il Td Group di Pisa (per due finanziamenti da 5 milioni e mezzo). Si aggiungono anche la Etruria Investimenti Srl e il Consorzio Etruria. Molte di queste società sono già state citate nell'ultima ispezione di Bankitalia.

Il reato ipotizzato è la mancata comunicazione di conflitto di interessi: alcuni membri dell'ex cda avrebbero richiesto finanziamenti per attività a loro collegate direttamente o indirettamente senza rispettare l'iter previsto per chi ha contemporaneamente una posizione di amministratore (ad esempio astenendosi dal voto che permette di decidere a chi può andare o meno un fido). In base all'ultima ispezione della Banca d'Italia del febbraio 2015, quella che ha portato al commissariamento dell'istituto aretino, i 13 ex amministratori e i 5 ex sindaci avevano cumulato 198 posizioni di fido a loro concessi, per un totale di 185 milioni (si veda il Sole 24 Ore del 9 dicembre 2015). Di questi, 90 milioni non verranno mai restituiti, finendo tra i prestiti in incaglio e sofferenza. Le perdite ammontano a 18 milioni.

L'ipotesi di conflitto di interessi va a sommarsi agli altri due presunti reati, ostacolo alla vigilanza e emissione di fatture false, che complessivamente contano 5 indagati della penultima gestione (tra cui l'ex presidente Giuseppe Fornasari). Per loro il capo della procura di Arezzo, Roberto Rossi, ha già inviato l'avviso di chiusura indagine e sono attese a breve le richieste di rinvio a giudizio. Oltre a questi tre reati, c'è anche l'ipotesi di truffa, relativamente alle recenti vicende degli obbligazionisti raggirati, secondo la tesi delle associazioni dei consumatori (e per i quali si attende anche l'attività di arbitrato dell'Anac che definirà chi ha diritto a rimborso).

L'ombra del riciclaggio
Intanto le inchieste di più procure si intrecciano fra loro, aprendo scenari anche su possibili ipotesi di riciclaggio, peraltro già evidenziati dalla relazione di Bankitalia del 2105. A Roma la procura due anni fa ha indagato la fiduciaria romana Auditors, con 7 imputati (il responsabile legale Giovanni Paganini Marana si è suicidato nel settembre 2012). Le accuse nei confronti dei membri del collegio sindacale, due amministratori e le loro due compagne, sono a vario titolo l'infedeltà manageriale, ostacolo alla vigilanza, attività finanziaria abusiva e riciclaggio. E' in corso il processo. La ricostruzione degli inquirenti parla del cosiddetto “schema Ponzi”, ovvero un metodo truffaldino di usare il denaro depositato dai clienti, che si aspettavano i ricchi rendimenti promessi: il capitale, messo nel calderone di un unico conto, veniva usato mascherandolo da finto rendimento per investimenti in realtà mai avvenuti. Quindi, in sostanza, i soldi di un cliente venivano usati per pagarne un altro, qualora avesse chiesto di uscire dal giro. Il denaro disponibile veniva inoltre usato dagli stessi amministratori. La Auditors ha usato per questa presunta truffa un unico conto omnibus dentro Banca Etruria. Il totale dei soldi perduti sono una cifra “non inferiore ai 49 milioni” (si parla di circa 300 clienti). “La gestione della massa fiduciaria - si legge nell'ordinanza di perquisizione - determinata dai conferimenti effettuati nel corso del tempo...è stato funzionalmente svolta con l'utilizzo del conto corrente n. 133-200-7 acceso presso l'agenzia 15 di Roma della Banca popolare Etruria”.La Banca avrebbe dunque omesso i controlli sulle attività della fiduciaria, come richiesto invece dalle leggi.

La richiesta del liquidatore
Il commissario liquidatore della “bad bank” di Banca Etruria, Giuseppe Santoni, presenterà la relazione conclusiva sullo stato patrimoniale dell'istituto. Qualche giorno fa ha intanto depositato presso il tribunale fallimentare di Arezzo la richiesta di valutazione di insolvenza, che ora il tribunale stesso dovrà valutare, entrando nel merito. Entro 45 giorni quindi il collegio presieduto da Clelia Galantino dovrà stabilire se le perdite di Banca Etruria sono tali da comportare l'inadempimento degli obblighi finanziari. Se questo sarà l'esito dell'approfondimento del tribunale, il materiale verrà poi trasferito in procura, che valuterà quindi se aggravare le ipotesi di reato. La truffa si potrebbe trasformare in bancarotta fraudolenta, ad esempio. L'iter decisionale dovrebbe durare almeno 2 mesi.
Ovviamente ad Arezzo su questo punto c'è agitazione: l'eventuale ipotesi di bancarotta fraudolenta potrebbe allargare il numero degli indagati e coinvolgere anche altri membri degli ultimi due cda.

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