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La tempesta di Borsa finirà? Perché domani avremo già le…

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MERCATI SOTTO STRESS/1

La tempesta di Borsa finirà? Perché domani avremo già le prime risposte

Il rimbalzo di venerdì è servito solo a limitare i danni. Le Borse hanno archiviato la seconda settimana di febbraio con l’ennesimo bilancio in rosso di questo inizio di 2016 da incubo: Piazza Affari ha incassato un calo del 4,26%, che dall’inizio dell’anno lievita al 22,9 per cento. Va un poco meglio l'indice Stoxx 600 - che fotografa l'andamento dei principali titoli quotati in Europa - con una contrazione del 14,6% dall’inizio dell’anno, così come Wall Street, con l’S&P 500 in calo “solo” dell’8,8 per cento.

La tempesta perfetta che si è abbattuta sui mercati è destinata a durare ancora o il rimbalzo di venerdì prelude almeno a un assestamento, se non a una ripresa delle quotazioni? Le prime importanti risposte le avremo già lunedì, in una giornata che si annuncia cruciale. Due eventi calamiteranno l’attenzione degli investitori di tutto il globo: la riapertura della Borsa cinese dopo una settimana di festività per il Capodanno lunare e l’audizione trimestrale di Mario Draghi al Parlamento europeo.

Borsa cinese, riapertura con suspense
Il mercato cinese è considerato dalla maggior parte degli analisti come uno dei principali sospettati della maxi-correzione delle ultime settimane. Prima della pausa festiva, la Borsa di Shanghai era stata la peggiore tra le grandi piazze finanziarie mondiali con un -22% che aveva contagiato gli altri listini in una corsa al ribasso. Il rischio è che lo stesso copione possa ripetersi lunedì alla riapertura , soprattutto dopo i segnali giunti dalla vicina Borsa di Hong Kong, che in una settimana ha lasciato sul terreno un altro 5 per cento. I timori sulla tenuta della Borsa cinese si innestano con quelli sul renminbi, la valuta cinese che dopo lo strappo al ribasso dello scorso agosto da parte della Banca centrale di Pechino ha continuato a deprezzarsi su dollaro ed euro per via del continuo deflusso di capitali finanziari. L'incubo degli investitori è che le autorità cinesi possano rompere gli indugi e deprezzare ulteriormente la moneta per aiutare l’industria made in China. Un passo del genere sarebbe destabilizzante per i mercati perché metterebbe in ulteriore difficoltà i concorrenti globali della Cina.

Il governatore della Banca centrale cinese, Zhou Xiaochuan, ha cercato di scacciare il panico affermando nel weekend che il brusco cale delle riserve in valuta non desta preoccupazioni e che la People’s Bank of China non intende rafforzare i controlli sui movimenti di capitale né svalutare ulteriormente il renminbi. Le sue parole basteranno a rassicurare gli investitori?

Draghi riuscirà a calmare le acque?
Lunedì mattina la Cina diffonderà i dati sull’export e l’import di gennaio, due indicatori che i mercati seguiranno con attenzione proprio per capire quanto è davvero in difficoltà l’industria cinese (mentre i consumi sono in salute come dimostra il +11,2% delle vendite al dettaglio nella settimana del Capodanno cinese). Poche ore dopo, alle 15, il focus si sposterà da Pechino a Bruxelles, dove il presidente della Bce Mario Draghi sarà in audizione davanti al Comitato affari economici e monetari del Parlamento europeo. Gli investitori sognano un nuovo «whatever it takes» - l’impegno che Draghi prese da Londra nel luglio 2012 a salvare l’euro a ogni costo - questa volta dedicato alla difesa del sistema bancario europeo. Difficile che possa ripetersi - anche perché la situazione di oggi non è paragonabile a quella di allora - ma la speranza di molti è che il presidente della Bce possa lanciare un messaggio tranquillizzante sulla solidità delle banche europee e sulla volontà della Bce di usare tutti gli strumenti per mantenere la stabilità finanziaria dell’Eurozona. Draghi dirà anche se gli ultimi segnali negativi dall’economia reale - come il calo a sorpresa della produzione industriale tedesca in dicembre - preludono a un rallentamento del Pil dell’Eurozona nei prossimi trimestri, come i mercati danno ormai per scontato.

Bce e Fed, prima i dibattiti poi le decisioni
Sempre in tema di banche centrali, sia la Bce che la Federal Reserve questa settimana pubblicano i verbali delle ultime sedute. Le minute della Fed in uscita mercoledì alle 20 non dovrebbero riservare sorprese dopo le ultime audizioni al Congresso della presidente Janet Yellen. L’aspettativa della maggior parte degli osservatori è che dopo il primo rialzo del dicembre scorso la Fed ora stia alla finestra prima di aumentare ancora i tassi vista l’incertezza che regna sulle prospettive dell’economia globale. I verbali della Bce verranno invece diffusi giovedì. Il tempo delle decisioni per entrambe è comunque ancora lontano: il Consiglio direttivo della Bce si riunirà il 10 marzo, quando appare ormai scontato un altro taglio del tasso sui depositi da -0,30 a -0,40 per cento. Il Fomc della Fed è convocato il 16 marzo ma pochi prevedono che alzi i tassi. Più interessante si prospetta la riunione della Banca del Giappone dopo la mossa a sorpresa del 29 gennaio che sulla scia della Bce e di altre banche centrali ha portato sotto zero i tassi di interesse sui depositi. Secondo gli analisti di Barclays la Boj potrebbe abbassarli ulteriormente da -0,1 a -0,3 per cento.

Vertice europeo per scongiurare «Brexit»
Gli incontri al vertice di Bce e Fed sono però ancora lontani. Più vicino è quello dei capi di governo europei, in programma a Bruxelles giovedì e venerdì. All’ordine del giorno la questione «Brexit», o meglio l’accordo negoziato tra Commissione europea e governo britannico per scongiurare l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue. Se i leader europei daranno il loro benestare all’intesa, il premier David Cameron avrà la strada spianata per indire un referendum «dentro o fuori» dall’Europa, forse già in giugno. Un appuntamento cruciale per i mercati ma soprattutto per il futuro del progetto europeo.


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