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L’Arabia Saudita rilancia la sfida ai concorrenti: produrremo più petrolio

Amin Nasser, Ceo  di Saudi Aramco (Afp)
Amin Nasser, Ceo di Saudi Aramco (Afp)

L’Arabia Saudita ha disegnato piani ambiziosi per liberarsi entro 15 anni dalla dipendenza dal petrolio. Ma nel frattempo non rinuncia a battersi nella vecchia arena dei combustibili fossili. Al contrario, affila le armi e promette ai concorrenti che aumenterà ulteriormente la produzione di greggio: una sfida che potrebbe interrompere la risalita delle quotazioni del barile.

Le strategie di Saudi Aramco - illustrate in un raro incontro con la stampa internazionale a soli due giorni dall’insediamento del nuovo ministro dell’Energia - non lasciano alcun dubbio sulle intenzioni di Riyadh. «Continueremo ad espanderci», ha promesso il ceo Amin Nasser, con riferimento sia al perimetro di attività della compagnia, che dopo la quotazione in Borsa intende accelerare gli investimenti all’estero e la diversificazione, sia all’estrazione di greggio.

Gli obiettivi sono espliciti e suonano come un avvertimento ai concorrenti, dall’Iran - che sta tornando in forze sul mercato dopo la revoca delle sanzioni - alla Russia, con cui l’ormai ex ministro Ali Al Naimi aveva provato a discutere una sorta di patto di non belligeranza: gli accordi di Doha, per congelare i livelli di produzione, portati al fallimento dal principe saudita Mohammad bin Salman.

«Qualunque sia la richiesta Saudi Aramco la soddisferà - ha assicurato Nasser - Ci sarà sempre bisogno di produzione addizionale». La compagnia saudita, in linea con la maggior parte degli analisti, prevede che la domanda aumenterà di 1,2 milioni di barili al giorno quest’anno, grazie in particolare a India, Stati Uniti e Cina. Riyadh, che nel 2015 ha estratto una media di 10,2 mbg (un livello vicino al record storico e tuttora mantenuto), è pronta ad accelerare ulteriormente per rifornire i clienti.

Nasser non ha indicato un obiettivo, ma la produzione saudita aumenta sempre durante l’estate, quando il clima torrido fa impennare i consumi locali di energia e il greggio viene bruciato nelle centrali elettriche. Tra due settimane inoltre, ha fatto sapere il manager, Saudi Aramco avrà completato l’espansione del giacimento Shaybah, che ne aumenterà la produzione di 250mila bg, a 1 milione di bg. L’incremento andrà comunque a compensare il naturale declino di altri pozzi.

Anche il neoministro Khalid al-Falih, con alle spalle una carriera trentennale nella compagnia petrolifera di Stato, è stato chiaro sugli intenti di Riyadh: «L’Arabia Saudita manterrà stabili le sue politiche petrolifere», ha assicurato domenica, nel primo comunicato diffuso dopo la nomina. «Ci impegnamo a soddisfare la domanda esistente e addizionale della nostra crescente base di clienti, col sostegno della massima capacità produttiva sostenibile».

Sull’Ipo di Saudi Aramco il ceo Nasser ha confermato che riguarderà non più del 5% del capitale e che la quotazione, oltre che alla Borsa saudita, potrebbe avvenire anche su una o due piazze estere (alcuni funzionari avevano parlato in precedenza di New York e Hong Kong). La compagnia, la cui valutazione complessiva potrebbe superare 2mila miliardi di dollari, punta a rafforzarsi nella raffinazione e più in generale nel settore petrolchimico, proseguendo la strategia di creare joint venture all’estero, con un particolare interesse per Usa, Cina, Indonesia e Vietnam. Inoltre intende investire nel gas, con l’obiettivo di raddoppiare la produzione saudita nei prossimi dieci anni. Le attuali condizioni del mercato, ha dichiarato Nasser, «rappresentano una sfida, ma sono un’eccellente opportunità di crescita».

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