
Va bene che nessuno è immortale, ma è altrettanto vero che gettare uno sguardo attento al passato è la chiave per capire dove siamo e in quale direzione ci muoviamo. Così almeno la pensa Michael Hartnett, Global Research’s Chief Investment Strategist di Bank of America Merrill Lynch, che si è divertito a vedere dove ci sta portando il più colossale esperimento di politica monetaria della storia.
Le politiche ultraespansive delle banche centrali, da cui sarà dura liberarsi, hanno innanzitutto dato vita a quello che vedete nel grafico: i tassi più bassi degli ultimi cinquemila anni. Non è un divertissement: il grafico è ripreso da un serio speech del capoeconomista della Banca d’Inghilterra, Andrew Haldane, che a sua volta riprendeva gli studi di Homer e Sylla (1991), Heim e Mirowski (1987), Weiller e Mirowski (1990), Hills, Thomas e Dimsdale (2015). Prima del Settecento - spiega la ricerca della Bank of England - si fa riferimento alle economie che via via nelle varie epoche avevano i tassi più bassi: l’Impero Babilonese, la Grecia, l’Impero Romano, l’Impero Bizantino, i Paesi Bassi e i piccoli Stati italiani. Per poi approdare ai bond dei due colossi finanziari degli ultimi tre secoli: dal 1694 al 1918 la Gran Bretagna, quindi gli Stati Uniti.
Ma questo è solo l’inizio dei numeri da brivido raccolti da Hartnett. Oggi in Giappone abbiamo tassi negativi per la prima volta dal 1870 - scrive l’economista - , il tasso di base inglese è il più basso dal 1705, le azioni bancarie europee sono ai minimi relativi da 75 anni, nei mesi scorsi abbiamo assistito al peggior crollo delle materie prime dal 1933. E ancora: abbiamo registrato i più alti ritorni di sempre sulle obbligazioni societarie e la più bassa crescita cinese degli ultimi vent’anni, con le azioni statunitensi ai massimi relativi da sessant’anni rispetto a quelle europee.
Dal crack di Lehman in poi, spiega ancora lo strategist di Bank of America Merrill Lynch, in nome degli stimoli all’economia prima e della guerra alla deflazione poi, sono stati effettuati 654 tagli dei tassi, con le banche centrali che hanno acquistato oltre 12mila miliardi di dollari di asset finanziari, espandendo il loro bilancio a oltre 23mila miliardi (cifra superiore al Pil di Stati Uniti e Giappone messi assieme). Il risultato sono quasi 10mila miliardi di dollari di bond sparsi per il mondo che hanno rendimenti negativi.
Quest’impressionante arsenale nucleare non è però riuscito a generare né una ripresa economica sostenuta né l’inflazione desiderata dalle banche centrali, sottolinea Hartnett. L’invecchiamento della popolazione, l’innovazione tecnologica (con i robot che minacciano gli stipendi degli umani) e l’eccesso di debito contribuiscono a tenere la museruola al costo della vita.
L’unico vero effetto della guerra nucleare delle banche centrali, riflette Hartnett, è stata la continua corsa degli asset finanziari di Wall Street, alla quale fa dolorosamente contrappunto il calo degli stipendi (in percentuale del Pil) di Main Street, l’economia reale.
Il risultato? Un aumento delle disuguaglianze. Non sorprende vedere gli elettori di mezzo mondo che votano contro la disoccupazione e l’immigrazione. Difficile però combattere le disuguaglianze facendo gonfiare la Borsa. Dobbiamo piuttosto pensare a uno scenario fatto di maggior pressione fiscale (soprattutto sui redditi alti), annota Hartnett, di protezionismo commerciale e di “helicopter money” per finanziare stimoli fiscali (investimenti in infrastrutture, aumento dei salari minimi, tagli mirati delle tasse). Questo è il mondo che ci aspetta, conclude lo strategist di Bank of America Merrill Lynch. Iniziamo a farcene una ragione.
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