Il calo dei tassi d’interesse nell’eurozona, che ha fatto gridare contro “l’esproprio” dei risparmiatori tedeschi a opera della Banca centrale europea, ha in realtà danneggiato molto di più quelli italiani, mentre l’effetto sulle finanze delle famiglie in Germania (e in Francia) è stato in realtà quasi del tutto neutrale.
In Germania, la “guerra” alla politica dei bassi tassi d’interesse della Bce, che puntano a rianimare l’economia e l’inflazione nell’eurozona, è stata condotta attraverso una vera e propria campagna mediatica e a ripetuti interventi della potente industria finanziaria, in particolare le banche, le casse di risparmio, che hanno forti legami con la politica, e le compagnie di assicurazioni. L’alto tasso di risparmio dei tedeschi li rende particolarmente vulnerabili al calo dei tassi d’interesse, sostiene questa tesi.
Il presidente della Bce, Mario Draghi, aveva già obiettato che questo è in parte causato dal tipo di veicoli scelti dai risparmiatori tedeschi, come conti bancari e polizze vita. Lo stesso presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, aveva precisato che i cittadini sono anche lavoratori e contribuenti e in questa veste beneficiano dei tassi bassi.
Ora la Bce, in un’anticipazione del Bollettino economico pubblicata ieri, mette in cifre questa argomentazione. In Germania, come in Francia, evidenzia lo studio della banca centrale, il calo degli introiti da interesse sui risparmi, poco più del 2% del reddito disponibile, è compensato da un effetto analogo sui pagamenti di interessi pagati dalle famiglie, il che significa che, al netto, l’effetto dei movimenti dei tassi sul reddito delle famiglie è minimo.
In Italia, invece, il calo delle entrate da interessi sfiora il 5% del reddito disponibile ed è più del doppio della riduzione nei pagamenti di interessi delle famiglie. La ragione, spiega la Bce, è che le famiglie italiane hanno una percentuale relativamente alta di attività finanziarie che pagano interessi, mentre sono poco indebitate. All’estremo opposto le famiglie spagnole, che, molto indebitate, si sono giovate del calo degli interessi che pagano, mentre il calo delle entrate è inferiore.
Nell’eurozona nel suo complesso, le entrate da interessi sono calate del 3,2%, come percentuale di reddito disponibile, mentre la minor spesa per interessi è stata del 3% circa: i due valori sono più o meno equivalenti e chi guadagna e chi perde con i tassi bassi dipende dal fatto che le singole famiglie siano al netto risparmiatrici o indebitate.
I tassi bassi continuano comunque a sostenere i consumi privati, sostiene la Bce. Inoltre, sostengono la ricchezza e il reddito delle famiglie attraverso altri canali. Le famiglie infatti investono anche in altre attività, per le quali non necessariamente ricevono interessi. E i bassi tassi hanno avuto un impatto positivo «significativo» sui prezzi di azioni e obbligazioni dell’area euro. Inoltre - e in questo lo studio della Bce è in linea con le osservazioni di Weidmann - il costo del denaro più basso non ha solo stimolato investimenti e consumi. Hanno anche sostenuto il reddito delle famiglie attraverso maggiore occupazione.
Tenendo i tassi d’interesse bassi, la Bce, come ha dichiarato nei giorni scorsi Draghi a Vienna, ha incoraggiato la domanda che è necessaria a riportare l’economia verso il suo potenziale. E quindi porre le basi perché, alla fine, i tassi d’interesse possano salire di nuovo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA