Sull’aumento di Veneto Banca, in piena fase di collocamento, arriva il dietrofront dei grandi soci (o presunti tali). Gli azionisti di Montebelluna raccolti nell’associazione Per Veneto Banca (Pvb) ieri hanno iniziato ad ammettere la difficoltà di raggiungere una quota significativa di sottoscrizione dell’istituto.
Nei giorni scorsi avevano ipotizzato di mettere sul piatto fino a 600 milioni (su un miliardo), acquisendone il controllo e spalancando le porte alla quotazione, per la quale serve un flottante di almeno il 25%. Ieri, però, è arrivato un messaggio che va in direzione opposta: in una nota gli azionisti guidati dall’imprenditore Bruno Zago spiegano che una serie di circostanze, unita ai tempi molto stretti per il completamento dell'operazione «impediscono che ciò si concretizzi per importi consistenti». «Di questo - prosegue il comunicato - è stata data adeguata informativa sia agli organi di governo e istituzioni che ai soggetti preposti alla vigilanza, senza ottenere risposta».
Fra i fattori che rendono difficile per i soci sottoscrivere la ricapitalizzazione, l'associazione cita il fatto che «continuano a mancare alcune informazioni essenziali per assumere una decisione consapevole sull'aumento quali per esempio sulla strategia futura della banca e di rilancio». A questo si aggiunge «la concomitanza di fattori esterni quali, l'incertezza legata al referendum sulla Brexit, gli aumenti di capitali di altri istituti bancari e la forte volatilità del mercato borsistico».
Fatti per la verità non nuovi, che avrebbero scoraggiato non solo i grandi soci ma anche il resto degli attuali azionisti. Tanto che al momento, secondo indiscrezioni, gli impegni a sottoscrivere l'aumento di capitale - in questa fase riservato in opzione ai soci - sarebbero intorno all'1% quindi limitati a pochi milioni di euro.
La nota è arrivata dopo che ieri alcune indiscrezioni di stampa parzialmente smentite avevano parlato di un faro di Consob e Guardia di Finanza sull'aumento, e in particolare sulla presunta regia occulta di alcuni soci; ieri la banca ha confermato un incontro avvenuto mercoledì tra il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e il presidente di Veneto Banca, Stefano Ambrosini, ma si chiarisce che è stato su richiesta della banca «per motivi esclusivamente istituzionali».
L'obiettivo era «presentare al procuratore i nuovi vertici dell'istituto e ribadire la massima disponibilità della banca a collaborare. Diversamente da quanto riportato, nell'incontro - spiega l'istituto - non si è parlato in alcun modo delle indagini in corso né sono state fatte al procuratore sollecitazioni o richieste di alcun tipo». Tuttavia l'operazione è seguita da vicino dalle authority, tanto è vero che alcuni grandi soci sarebbero stati ascoltati nelle scorse ore.
Se, come pare, gli azionisti locali opteranno per un'adesione soft, la banca finirà nelle mani del fondo Atlante. Per sgombrare il campo da ogni dubbio, ieri Quaestio ha confermato la pre-garanzia anche in caso di Brexit, che sulla carta avrebbe potuto essere considerata uno dei famigerati eventi straordinari e non prevedibili sulla base dei quali far venir meno gli impegni assunti. La strada dunque è segnata, così come pare ormai assolutamente improbabile la quotazione: oggi il 25% di capitale sottoscritto (e quindi di flottante) sembra una meta lontana e difficilmente alla portata.
Sempre ieri, a Torino si è riunito per la prima volta il nuovo cda della controllata Banca Intermobiliare, che vede alla presidenza Stefano Ambrosini. Dopo la riunione il board ha incontrato il personale della sede: nel corso della riunione è stato offerto un quadro della situazione sia relativamente alla capogruppo che a Bim, impegnata a sua volta in un importante sforzo di rilancio.
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