La soluzione per ripulire e rilanciare Mps c’è. E questa volta è pronta per essere messa in pratica in maniera definitiva. L’avallo al progetto, che sarà realizzato interamente con capitali privati e non prevede né garanzie statali né perdite per azionisti e obbligazionisti, è arrivato in serata al termine di un board (durato oltre 10 ore) della banca senese, dopo che dalla Vigilanza Bce è giunta l’indispensabile autorizzazione a procedere.
Lo schema di intervento approvato prevede di separare e cedere l’intero blocco dei crediti in sofferenza (pari a 27 miliardi) in un veicolo dedicato, ripianando le perdite con un aumento di capitale da 5 miliardi. Così facendo, la banca mette in fuori gioco i risultati degli stress test che l’Eba ha pubblicato ieri sera. Prove che mettono in evidenza una forte fragilità patrimoniale in caso di scenario economico avverso, tanto che il Cet 1% della banca scenderebbe infatti al -2%, unico caso europeo in territorio negativo. Con il progetto di risanamento, invece, la banca è destinata a far risalire il Cet 1 all’11,4%. L’operazione consente di arrivare a «una soluzione strutturale e definitiva» al problema delle sofferenze, ha detto l’ad di Mps, Fabrizio Viola, nella conference call con gli analisti.
Che cosa prevede il piano
Lo schema per la messa in sicurezza della più antica banca al mondo - considerata il vero malato del sistema bancario italiano - si sviluppa in due atti, uno prosecuzione dell’altro. La prima fase prevede la cessione di 27 miliardi di euro di sofferenze lorde al 33% del valore, pari a circa 9,2 miliardi netti. Per toglierle dal bilancio, dimezzando così l’intera mole di crediti deteriorati in portafoglio, Siena effettuerà una maxi-cartolarizzazione dei crediti («senza precedenti per struttura e dimensione sul mercato italiano», come si legge in una nota) a cui parteciperà Atlante II, il fondo finanziato da banche, assicurazioni e casse previdenziali.
In un secondo tempo, una volta ripulito il bilancio, Mps varerà un aumento di capitale da cinque miliardi, che sarà garantito da un consorzio di banche capitanato da JpMorgan e Mediobanca (che saranno global coordinator) e da altre sei banche d’affari che hanno già firmato un accordo di pre-underwriting: si tratta di Goldman Sachs, Santander, Citi, Credit Suisse, Deutsche Bank e BofA Merrill Lynch. La disponibilità delle banche a sottoscrivere l’eventuale inoptato è la conferma di un clima di fiducia che si è creata nel mondo delle banche d’affari man mano che l’operazione di pulizia del Monte prendeva forma.
Da un punto di vista temporale, il lancio della ricapitalizzazione, che avrà un effetto iper-diluitivo sugli azionisti vista la capitalizzazione odierna del Monte (pari a 900 milioni, ieri il titolo è salito del 6,2%) dovrebbe chiudersi entro la fine dell’anno, previa autorizzazione dell’assemblea degli azionisti, che si terrà tra ottobre e novembre. A settembre, invece, verrà presentato il nuovo piano industriale.
La cartolarizzazione degli Npl
Nel dettaglio, il progetto di rilancio del Monte studiato dagli advisor JpMorgan, Mediobanca e Lazard, prevede una cartolarizzazione del portafoglio di sofferenze in titoli Abs, che saranno quindi deconsolidati dal bilancio. I crediti verranno ceduti a un Special purpose vehicle che si finanzierà mediante l’emissione di note senior (che godranno in larga parte della garanzia statale Gacs) per circa 6 miliardi, che verranno offerti a investitori istituzionali. Nell’attesa del varo delle Gacs e dei decisivi “carotaggi” delle agenzie di rating, la banca potrà comunque considerarli fuori dal bilancio grazie a un coincidente prestito ponte erogato da Jp Morgan. La tranche mezzanina (pari a 1,6 miliardi) verrà invece acquisita da Atlante II.
Al fondo guidato da Alessandro Penati - che opererà tramite l’advisor Fonspa - vengono inoltre assegnati dei warrant che permettono di sottoscrivere nuove azioni della banca ricapitalizzata, fino al 7% del capitale. Atlante dunque, oltre che detentrice del debito, potrebbe diventare anche azionista della banca. Mossa questa che permetterà di beneficiare dell’eventuale apprezzamento del valore dei titoli a valle dell’operazione di pulizia del portafoglio. Infine, la tranche equity (pari a 1,4 miliardi) come anticipato dal Sole 24Ore resterà in capo agli azionisti attuali, che se la vedranno così attribuita pro-quota. In questo caso, il meccanismo è stato studiato appositamente per permettere ai soci di guadagnare dall’eventuale pieno recupero delle sofferenze cartolarizzate.
A cosa servirà l’aumento
Dei cinque miliardi di aumento di capitale, d’altra parte, 2,2 miliardi serviranno ad alzare le coperture sui crediti deteriorati che resteranno in pancia alla banca, un miliardo circa consentirà di aumentare al 67% la copertura sulle sofferenze al 67% mentre i restanti 1,6 miliardi serviranno per ricapitalizzare la bad bank destinata a subire spin-off e consentire così il pieno deconsolidamento delle sofferenze dal bilancio.
Grazie a queste mosse, la “nuova” Mps si posizionerà nella media delle banche italiane per il rapporto tra deteriorati e prestiti lordi (18% contro il 34% attuale) e per il rapporto tra deteriorati netti e patrimonio tangibile (126% contro il 259%, il cosiddetto texas ratio).
La copertura sui crediti deteriorati salirà dall’attuale 29% al 40%, ai livelli più alti del sistema. Il dettaglio decisivo, su cui a lungo si era registrata un’impasse con Francoforte, è che la cessione delle sofferenze non impatterà sul calcolo degli attivi ponderati per il rischio. La Bce avrebbe infatti approvato la sterilizzazione della ricalibrazione delle serie storiche, che avrebbe invece comportato un aumento della rischiosità dell’intero portafoglio, crediti bonis inclusi.
Senza questo ok, la banca avrebbe registrato un fabbisogno supplementare di capitale pari a 2 miliardi. Francoforte, a quanto risulta al Sole 24Ore, avrebbe invece considerato l’eccezionalità dell’operazione, visto lo smaltimento tout court dell’intero portafoglio delle sofferenze. Disco verde all’operazione anche da parte della Commissione Ue, secondo cui il piano è «pienamente in linea con le regole Ue», come indicato ieri da un portavoce.
La giornata di ieri era partita all’insegna dell’incertezza. Sul tavolo del Cda di Siena era arrivato, in extremis, la proposta alternativa al piano da parte dell’ex Ceo di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, e dalla banca d’affari Ubs. Un «progetto imprenditoriale» che prevedeva «4,5 miliardi di pulizia di bilancio, completo deconsolidamento delle sofferenze, oltre 6 miliardi di ripatrimonializzazione, un obiettivo di Roe del 10%». Passera si è mostrato critico con il top management di Mps per non avere potuto illustrare in cda il suo piano. Nel corso della conference call è arrivata la risposta da parte di Viola, che ha messo in evidenza l’anomalia di una proposta giunta in extremis, alla vigilia dell’ok Bce. Che, a suo dire, non «era stata sottoposta» al vaglio di Francoforte.
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