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Italia 25esima nella classifica della globalizzazione. Giappone in testa

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Giappone in testa

Italia 25esima nella classifica della globalizzazione. Giappone in testa

Bloomberg
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L'interconnessione politica, sociale ed economica tra paesi può aumentare la crescita economica. Eppure la crisi economica e finanziaria di questi ultimi anni ha rallentato il processo di globalizzazione. Dal 2007 in poi per la prima volta i paesi sono meno interconnessi tra loro almeno in trentacinque casi su quarantadue. Nonostante ciò le nazioni maggiormente industrializzate come il Giappone, la Germania, la Danimarca, la Svizzera e la Finlandia conservano i benefici più elevati rispetto alla crescita del Pil pro capite legata alla globalizzazione. È quanto emerge dai risultati del report di Prognos AG per conto del think tank tedesco Bertelsmann Stiftung. L'Italia si posiziona venticinquesima nell'Indice che misura il livello di globalizzazione con una crescita nel 2014 del Pil pro capite di 683 euro per effetto della globalizzazione, 703 euro per le entrate interne invece.

LA TOP TEN DEI PAESI CON MAGGIOR INDICE DI GLOBALIZZAZIONE
2014 (Fonte: Prognos 2016)

Tra il 1990 e il 2014 il nostro paese ha registrato una crescita indotta dalla globalizzazione annua del Pil pro capite di 780 euro in media. È il Giappone il paese che riceve le entrate più elevate derivanti dagli effetti della globalizzazione : un Pil pro capite aumentato in media di 1.470 euro all'anno. Gli autori della ricerca ritengono che il grande risultato del Giappone sia attribuibile agli investimenti stranieri diretti e alla crescita del commercio estero nel settore dei servizi sia per le esportazioni che per le importazioni.

I PRIMI  12 PAESI PER CRESCITA INDOTTA DALLA GLOBALIZZAZIONE
1990-2014. Medie della crescita indotta annua e crescita cumulativa del Pil pro capite. Valori in euro rivalutati al 2000 (Fonte: Prognos 2016)

Seppure il livello di globalizzazione della Germania dal 2003 ad oggi è andato diminuendo da 73 punti fino a 65.7 nel 2014, il paese si posiziona comunque tra i primi dieci che beneficiano maggiormente dal processo di globalizzazione: ogni anno tra il 1990 e il 2014 il Pil tedesco è cresciuto con una media di 1.130 euro pro capite come risultato della globalizzazione. Simili crescite si sono registrate in Svizzera (1.360 euro) , Finlandia (1.340 euro) , Danimarca (1.210 euro) e Irlanda (1.130 euro). La crescita maggiore in termini di punteggio si è verificata nei paesi dell'Est Europa : tra il 1990 e il 2014 la Bulgaria, la Romania, l'Ungheria e l'Estonia hanno registrato un incremento di trenta punti o più nella classifica. In questo stesso arco di tempo gli Stati Uniti sono cresciuti di appena 3,3 punti.
Agli ultimi posti in termini di Pil i paesi emergenti come il Brasile, la Cina, la Russia e il peggiore l'India: il Pil pro capite di queste nazioni è cresciuto in media tra i 120 euro del Brasile, i 70 euro della Cina e i 20 euro dell'India ogni anno. Un forte controllo dei capitali e le barriere commerciali possono spiegare il perché di un risultato così scarso.

La cattiva performance delle nazioni emergenti deriva in parte dalle restrizioni esistenti nel commercio , ma in parte anche alle condizioni macro-economiche.
Occorre rivitalizzare il processo di globalizzazione che al momento è stagnante migliorando l'integrazione dei paesi emergenti e in via di sviluppo nell'economia globale, secondo il think tank Bertelsmann Stiftung. Sono questi paesi che contano ancora un grande potenziale nel processo di globalizzazione che potrebbero dunque generare elevati effetti di crescita indotti dalla globalizzazione. Le nazioni più industrializzate dovrebbero aprire il proprio mercato ai prodotti provenienti da paesi meno sviluppati , ridurre i propri sussidi per i prodotti agricoli e provvedere a opportunità finanziarie che possano permettere ai paesi emergenti di sviluppare le necessarie infrastrutture, l'istruzione, la formazione, gli impianti di produzione e le tecnologie necessarie.

In generale il tasso di crescita del Pil reale pro capite era nel 2014 dello 0,35% e ora è calato allo 0,31%; probabilmente questo calo nella crescita legata agli effetti della globalizzazione oltre ad essere dovuto alla crisi economica e finanziaria potrebbe essere riconducibile a un declino temporaneo del volume del commercio mondiale e ad una crescita più lenta rispetto al periodo pre-crisi. Mentre la domanda interna è divenuta più importante per lo sviluppo economico.

Nella visione della fondazione Bertelsmann Stiftung il rallentamento del processo di interconnessione globale ha degli effetti negativi sulla crescita: l'isolamento economico espresso attraverso la chiusura dei confini, le misure protezionistiche, sono a discapito dei cittadini. La globalizzazione ha anche aumentato le disparità di ricavi tra paesi industrializzati e quelli meno sviluppati o emergenti e questa diseguaglianza potrebbe effetti negativi. «Il protezionismo non è una risposta convincente rispetto alla crisi finanziaria. Abbiamo bisogno di un imput per la crescita e l'interconnessione globale per assicurare un incremento del welfare dei paesi industrializzati, emergenti e in via di sviluppo», ha affermato Aart De Geus, presidente e Ceo di Bertelsmann Stiftung.

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