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Wall Street, attenzione al campanello d’allarme chiamato…

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l’analisi

Wall Street, attenzione al campanello d’allarme chiamato «buyback»

Dopo 43 sedute consecutive in cui gli indici di Wall Street hanno registrato variazioni inferiori al punto percentuale, venerdì è arrivato un tonfo del 2,45 per cento. Tanto pesante quanto inatteso. Dopo la volatilità post-Brexit e un’estate decisamente calma per i listini. C’è nervosismo tra gli operatori in vista di un direttivo Fed del 20 e 21 settembre che, anche se gli ultimi dati macroeconomici dagli Stati Uniti non sono stati eccezionali, potrebbe andare nella direzione di un nuovo rialzo dei tassi di interesse. Un passaggio a cui gli investitori sono preparati da tempo ma che viene comunque vissuto con un certo nervosismo dagli investitori.

La prospettiva di un cambio di passo sul fronte della politica monetaria ha avuto ripercussioni importanti fino ad ora sui mercati finanziari. In particolare sulle classi di investimento più esposte come azioni e bond dei Paesi emergenti e materie prime. Wall Street è stata finora relativamente immune dalle turbolenze (negli ultimi 3 anni l’indice S&P 500 ha guadagnato il 26% contro un +11% dell’indice europeo Stoxx 600, un +17% del Nikkei giapponese e un -8% dell’indice Emerging Markets). Se questo è successo è perché le azioni delle società americane hanno potuto contare su un generoso sostegno dei cosiddetti «buyback».

Con questo termine si indica il riacquisto di azioni proprie da parte di una azienda. Un'operazione che in genere ha l'effetto di far salire artificiosamente il prezzo di un'azione. Con un buyback si riduce materialmente il numero delle azioni circolanti e, se il valore di mercato dell'azienda (capitalizzazione) resta invariato, inevitabilmente il prezzo dei singoli titoli risalirà. Con meno azioni in circolazione poi ci sarà un aumento di un indicatore chiave per determinare i prezzi (e i bonus dei top manager...), ossia l'utile per azione.

Secondo i calcoli di Goldman Sachs, tra il 2012 e il 2015 le società quotate americane hanno investito qualcosa come mille e 700 miliardi di dollari della loro liquidità per riacquistare azioni proprie. I flussi di acquisto sul mercato azionario americano sarebbero stati negativi per 1100 miliardi di dollari in questo periodo se le aziende non avessero speso tutti questi soldi per ricomprarsi le azioni. Ergo: il rialzo degli indici non sarebbe stato così stellare.

Se i buyback azionari sono stati uno dei fattori che hanno favorito la performance di Wall Street, la loro spinta propulsiva è destinata tuttavia a ridimensionarsi. Questo perché il volume dei buyback si è ridotto. Trim Tabs Investment Research ha calcolato che, nel corso dell'ultima stagione delle trimestrali (dall'8 luglio al 15 agosto) sono state annunciate operazioni per un controvalore medio di 1,8 miliardi di dollari al giorno. Il volume più basso dall'estate del 2012. Nei primi sette mesi dell'anno ci sono stati buyback azionari per 376,5 miliardi di dollari. Un dato in calo del 21% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Questi dati possono essere letti in due modi diversi. L'interpretazione più ottimistica è quella di chi vede all'orizzonte il tanto atteso rilancio degli investimenti: se le aziende riacquistano meno azioni si liberano risorse per impieghi più nobili. Più pessimistica invece è la lettura di chi interpreta il calo dei buyback come motivato dal fatto che i prezzi delle azioni sono troppo alti anche per le stesse aziende che vogliono ricomprarsele. Oltretutto, se in questi anni molti hanno fatto ricorso al debito per finanziare i buyback (sfruttando il contesto di bassi tassi di interesse) in futuro sarà sempre meno così perché la stretta sui tassi Fed farà inevitabilmente salire anche i tassi del mercato obbligazionario.

I numeri del 2016 indicano un calo inequivocabile dei «buyback» e il mercato azionario americano (e di conseguenza globale) dovrà fare a meno di questo importante elemento di sostegno. Sarà in grado di reggere il colpo oppure la tanto attesa «correzione» è alle porte? Solo nei prossimi mesi lo si capirà.

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