Il ritorno del petrolio libico questa volta sembra davvero imminente. Le esportazioni non ritorneranno presto ai livelli di un tempo, ma la possibilità che tra qualche settimana il paese nordafricano riesca mettere sul mercato altri 200-300mila barili al giorno di greggio è concreta. La National Oil Corporation (Noc), riunificata da luglio e riconosciuta sia da Tripoli che da Tobruk, si accinge infatti a riprendere le spedizioni da quattro porti della Cirenaica, di cui è appena tornata in controllo. E le maggiori fazioni in campo in Libia sembrano miracolosamente d’accordo.
Tra i porti in questione c’è Ras Lanuf, capace di movimentare 220mila barili al giorno: era fermo da oltre due anni, ma ieri sono partite le operazioni di carico di una petroliera. Gli altri sono El Sider, il maggior terminal petrolifero del paese, con una capacità teorica di 447mila barili al giorno (oggi in gran parte compromessa), Marsa el Brega e Zueitina.
I quattro porti erano stati conquistati pochi giorni fa dall’Esercito nazionale di liberazione, del generale Khalifa Haftar, vicino al parlamento di Tobruk. Il blitz non ha fatto vittime: le Guardie petrolifere di Ibrahim Jadran, schierate con il Governo di accordo nazionale di Tripoli, insediato dall’Onu, si sono evidentemente arrese.
Nel giro di pochi giorni Haftar ha poi consegnato i porti alla Noc, che ieri ha rimosso la clausola di forza maggiore sulle esportazioni: un passaggio legale significativo, in quanto la clausola protegge il venditore in caso di impossibilità a consegnare la merce.
«Le esportazioni riprenderanno immediatamente da Zueitina e Ras Lanuf - ha annunciato il presidente della Noc, Mustafa Sanalla - mentre continueranno da Brega (dove non erano interrotte, Ndr) . Da El Sider riprenderanno appena possibile». «I porti sono in sicurezza e abbiamo preso contatto con i partner commerciali stranieri», ha aggiunto Sanalla, sottolineando che tutto sta avvenendo con l’appoggio sia di Tripoli che di Tobruk.
L’offensiva di Haftar era stata condannata dall’Italia, in un comunicato congiunto con Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Francia in cui si chiedeva un immediato cessate il fuoco. Molti osservatori avevano in effetti temuto che il blitz scatenasse un nuovo capitolo della guerra del petrolio in Libia. Invece sembra che stia accadendo il contrario: un’inattesa distensione tra le principali forze in campo, che apre la strada a una ripresa della produzione di greggio del paese.
Ora i giacimenti della Mezzaluna petrolifera, i depositi di stoccaggio e i terminal di esportazione sono sotto un controllo unificato, anche se le minacce - a cominciare da quella dell’Isis, nell’area di Sirte - sono tutt’altro che scomparse. Altri ostacoli sono rappresentati dalle condizioni delle infrastrutture, che dopo anni di guerra hanno subito danni non facilmente stimabili. Indine - e non è un aspetto secondario - non è chiaro come Tripoli e Tobruk si accorderanno per spartire il ricavato delle esportazioni.
Il riavvio dei porti hacomunque già portato al ritorno in funzione di un giacimento, Nafoura, che fino a novembre 2015 produceva 25-30mila bg. E la Noc - pur ammettendo di aver bisogno di fondi per riparare i danni - afferma di poter raddoppiare in un mese la produzione, a 600mila barili al giorno, per poi salire a 950mila bg entro fine anno: ancora lontano dagli 1,6 milioni di bg che la Libia estraeva prima del 2011, ai tempi di Gheddafi, ma comunque moltissimi per un mercato petrolifero tuttora è afflitto da un eccesso di offerta.
Con i nuovi barili libici e la produzione che anche la Nigeria sembra sul punto di ripristinare, il surplus di greggio potrebbe triplicare a circa 1,3 milioni di barili al giorno (si veda il Sole 24 Ore di ieri). E non è tutto, perché a fine ottobre ripartirà anche il maxi-giacimento kazako di Kashagan.
Gli ultimi sviluppi rischiano di mettere in gravi difficoltà l’Opec, che il 27 settembre si riunirà ad Algeri per cercare di resuscitare gli accordi di congelamento dell’output con la Russia.
Per ora l’impatto sui prezzi del greggio è comunque limitato. Dopo i pesanti ribassi di inizio settimana, ieri il barile ha recuperato circa l’1%, al traino della benzina: negli Usa resterà bloccata fino alla settimana prossima una grande pipeline della Colonial, che trasporta fino a 900mila bg di carburante dalle raffinerie della Gulf Coast a New York.
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