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Perché metà dei gestori non investe nei propri fondi?

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INDAGINE MORNINGSTAR

Perché metà dei gestori non investe nei propri fondi?

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Circa la metà dei 15mila fondi statunitensi sono gestiti da portfolio manager che non investono nemmeno un dollaro nelle loro “creature”, rivela una recentissima indagine di Morningstar commissionata dal Financial Times. Incredibile (fino a un certo punto) ma vero. Ed è proprio tra i colossi del risparmio gestito, da BlackRock ad Aberdeen, da Schroders a State Street e a Vanguard, che il livello di investimenti nei fondi da parte dei rispettivi gestori gira al minimo.

L’indagine Morningstar, relativa agli Stati Uniti, rivela per esempio che nel 45% dei fondi di T Rowe Price i rispettivi gestori non investono un centesimo, percentuale che sale al 77% nel caso di Vanguard. I gestori di BlackRock e Aberdeen si tengono alla larga da due terzi dei propri fondi, che salgono a tre quarti se passiamo a Schroders. Mentre i money manager di State Street hanno investito secondo la ricerca Morningstar in soltanto uno dei loro 33 fondi domiciliati negli Stati Uniti.

Il fenomeno è sorprendente. Amin Rajan, chief executive di Create Research, società di consulenza in gestioni patrimoniali, si aspettava livelli di partecipazione ben più ampi: «Dopo la crisi del 2008, il sistema di incentivazione di molti gestori è stato rivisto proprio per incoraggiarli a investire nei loro fondi - sottolinea - ma evidentemente la retorica del cambiamento è molto lontana dalla realtà».

Il quadro è confermato dall’entità dei patrimoni investiti. Come spiega Morningstar, sono meno di un settimo del totale i gestori che puntano cifre importanti (almeno un milione di dollari) nei propri fondi, e stiamo parlando di professionisti che in buona parte dei casi hanno retribuzioni annue a sei zeri.

Attenzione però: se dai big del risparmio gestito ci spostiamo alle piccole boutique finanziarie, troviamo portfolio manager molto più propensi a investire. Il 100% dei fondi delle statunitensi Primecap Odyssey, Oakmark e Dodge & Cox, per esempio, hanno in pancia denaro dei rispettivi gestori.

Ma allora la domanda è: perché i portfolio manager a sei zeri si tengono alla larga dai grandi fondi che gestiscono ogni giorno? Non si fidano delle loro “creature”, dalle quali peraltro incassano spesso robusti bonus? La spiegazione c’è, azzarda il numero uno dei team di ricerca di Morningstar, Russel Kinnel, ed è semplice e prosaica. La troviamo sotto la voce “costi”. «Essendo investitori esperti, i fund manager sono poco propensi a investire in strumenti dai costi alti», spiega Kinnel, che ne ha avuto conferma da diversi gestori. I salati costi di gestione, insomma, contribuiscono a tenere lontani dai loro stessi fondi i vecchi lupi di mare americani del portfolio management.

La ricerca Morningstar ha fatto rumore. E non sorprende che alcune case d’investimento siano scese in campo per replicare al Financial Times, che l’aveva commissionata: la britannica Schroders, per esempio, ha puntualizzato al quotidiano londinese che solo un terzo dei suoi 16 fondi domiciliati negli Stati Uniti sono gestiti da professionisti autorizzati a investire direttamente nei prodotti. T Rowe Price ha spiegato che gli investimenti personali «possono essere poco pratici» se un portfolio manager non è cittadino americano o se gestisce fondi di fondi pensionistici. Ma la sostanza non cambia: i grandi gestori non investono nei loro fondi.

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