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Sterlina, speculazione e flash crash: i segreti del crollo

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Sterlina, speculazione e flash crash: i segreti del crollo

Alcuni hanno richiamato il cosiddetto «fat finger» automatico. Cioè: il robot avrebbe dato l’ordine errato di vendere (il «dito grasso» induce a schiacciare i tasti sbagliati) dopo avere male interpretato il flusso di notizie. In particolare, le dichiarazioni del presidente francese Francois Hollande. A ben vedere il flash crash di questa mattina sulla sterlina potrebbe avere tutt’altra causa. Certo, le prove sono impossibili da «trovare» in così poco tempo. Tuttavia: a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.

E allora: cosa è successo veramente? Per capire la dinamica degli eventi Il Sole24Ore ha interpellato Enrico Malverti, massimo esperto in Italia di trader automatici. «È probabile -spiega il research manager di Ciber Trade -che ci sia stato una grande quantità di ordini di vendita realizzati con computer ad altissima frequenza». L’operatività è partita dal valore minimo toccato ieri dal cambio sulla sterlina intorno a 1,236. «A quel livello c’erano tantissimi investitori posizionati con i loro stop order. Quella che in gergo tecnico si chiama griglia». Cioè? «In tanti, proprio perché era il livello minimo della seduta precedente», avevano impostato quel valore come soglia di riferimento per la loro operatività. «Chi era in acquisto aveva lo stop loss: vale a dire avrebbe venduto nel momento in cui la sterlina fosse scesa al di sotto di 1,236. Al contrario i ribassisti avrebbero iniziato a vendere allo scoperto».

Ebbene: l’operatore ultra veloce, consapevole di questa situazione, ha innescato la cascata di vendite. «In questo modo, da un lato, chi era in acquisto ha iniziato a vendere per ridurre le perdite. E, dall’altro, chi era “short” ha iniziato a vendere per guadagnare». La conseguenza? «Il cambio sulla sterlina, grazie anche alla scarsa liquidità di quel momento, è tracollato. Le vendite del flash trader si sono amplificate nel classico effetto “palla di neve”». Con il che, all’interno di questa dinamica, l’High frequency trader (Hft) ha fatto parecchi soldi. E non solo. «È probabile - conclude Malverti - che nel momento in cui il cambio è rimbalzato lo stesso Hft sia andato in acquisto. Così facendo ha fatto accelerare la risalita, guadagnandoci di nuovo».

Insomma: altro che «fat finger». È la tecnofinanza, bellezza!

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