Il mutuo a tasso fisso ha rotto (al ribasso) la barriera dell’1,5 per cento. Alcuni istituti offrono mutui con un Tan (Tasso annuo nominale, a cui poi aggiungere eventuali altri costi per arrivare al Taeg) sotto questa soglia. Ovviamente le offerte più aggressive riguardano anche le durate più basse (10 anni) per il semplice fatto che gli indici Irs (dal cui andamento dipende a quale tasso verrà fissato il mutuo nel giorno della stipula) sono più bassi in proporzione alla durata.
Ad esempio, se l’Irs a 20 anni quota lo 0,9%, l’Irs a 10 anni in questo momento è allo 0,4%. All’Irs poi la banca aggiunge uno spread (che costituisce il margine lordo dell’operazione di prestito per la banca) e sommando i due addendi si arriva appunto al Tan. Comunque a parità di spread è la differenza degli Irs di periodo a spiegare perché oggi un mutuo a 10 anni costa anche meno dell’1,5% e uno a 20 anni circa 5o punti base (0,5%) in più.
Questo argomento ci aiuta a capire che il costo dei mutui dipende non solo dallo spread deciso dalla banca ma anche da altri due fattori decisivi: 1)la durata (tendenzialmente più è lunga la scadenza più il tasso finale sale); 2) il loan to value (ovvero quanto si chiede in relazione al valore dell’immobile: se ad esempio chiedo un mutuo di 80mila euro su un immobile che ne vale 100mila, chiedo un mutuo pari all’80% del valore dell’immobile).
C’è un altro punto su cui sarebbe bene aprire una parentesi. Il fattore T, ovvero il tempo. Chi è orientato al tasso fisso (tanto alla stipula di un nuovo mutuo quanto alla surroga, cioè a spostarlo presso un’altra banca che offre condizioni migliori) non deve sottovalutare il timing dell’0perazione. Perché, molto semplicemente, gli Irs sono indici di mercato che fluttuano ogni giorno (dal lunedì al venerdì). E possono subire anche variazioni non da poco. Come si può dedurre da questo grafico.
A fine settembre l’Irs a 20 anni era a quota 0,7%. Ora, a distanza di due settimane è allo 0,9%. In pochi giorni è risalito di 20 punti base (0,2%) che su un mutuo di 150mila euro equivalgono al pagamento di interessi complessivi per 6-7mila euro in più. Il grafico ci dice anche che a luglio l’Irs ha toccato il minimo storico a 0,68% e quello è stato il miglior momento della storia (da quando esiste l’Eurozona) per spostarsi o orientarsi sul fisso. Come si può provare a capire come si muoverà l’Irs in futuro? Bisogna seguire l’andamento del Bund tedesco (le obbligazioni governative della Germania). L’Irs è collegato al rendimento del Bund. Quando il rendimento del Bund sale, sale anche l’Irs e viceversa. Quando è che sale il rendimento del Bund? Quando gli investitori lo vendono (e infatti scende il prezzo, che è inversamente proporzionale al rendimento). E lo vendono tendenzialmente quando sui mercati c’è appetito per il rischio e ci si sposta su strumenti più remunerativi (come le azioni o i bond di Paesi con rating inferiori a quelli della Germania). Viceversa il rendimento del Bund scende quando il suo prezzo sale, e cioè quando gli investitori comprano Bund per proteggersi dal rischio e dalle incertezze finanziarie. Quindi, in teoria, per scegliere il timing perfetto sul tasso fisso bisogna muoversi nel momento in cui sui mercati finanziari c’è burrasca, quando appunto gli investitori si rifugiano nel Bund facendo anche poi indirettamente scendere i tassi Irs.
Detto ciò, anche il variabile merita un approfondimento. Sebbene in questo momento agli italiani piaccia di più il fisso (su cui volge circa il 75%) non è detto che il fisso sia la panacea, anche considerando che il variabile nelle migliori offerte (tanto nuove quanto di surroga) ha rotto al ribasso la barriera dell’1 per cento. Ci sono variabili con Taeg (quindi comprendendo interessi e altre spese eventuali accessorie) allo 0,9 per cento. È vero che probabilmente (e questo è l’obiettivo delle banche centrali) i tassi più di così difficilmente scenderanno ancora e che quindi il variabile in futuro non potrà che salire, ma è anche vero che, quando e se salirà, il variabile dovrebbe farlo con un passo talmente da tartaruga (secondo i future gli indici Euribor del tasso variabile oggi sottozero torneranno a “0” solo fra 3-4 anni) che potrebbe comunque essere più conveniente in molti casi tenersi stretto il variabile, che pure viaggia su condizioni mai viste e probabilmente irripetibili.
In ogni caso non va dimenticato che di fronte a un mercato immobiliare che stenta a ripartire con convinzione (le compravendite sono tornate a crescere ma con un tasso moderato) il mercato dei mutui sta correndo grazie alle surroghe. Chi sta pagando un fisso superiore al 2,5% o un variabile superiore all’1,5% può seriamente oggi valutare l’ipotesi della surroga (o se gli va bene prima di convincere la propria banca a rinegoziare). Soprattutto se non ha ancora superato i ¾ della durata del mutuo. In questi casi è finanziariamente obbligato ad adeguare il proprio mutuo alla nuova era dei tassi bassi. Per questo motivo, sul Sole 24 Ore è da poche ore online un calcolatore realizzato da MutuiOnline.it, che permette di calcolare partendo dal proprio mutuo gli effettivi risparmi di un’operazione di surroga. Essendo i mutui contratti corposi (in media 150mila euro) e lunghi (in media 25 anni) molto spesso il risparmio potenziale in termini di interessi abbattuti è enorme, anche superiore ai 50-100 mila euro. Vale proprio la pena fare due conti.
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