Finanza & Mercati

Effetto incertezza referendaria in Borsa (e non solo)

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IN VISTA DEL REFERENDUM

Effetto incertezza referendaria in Borsa (e non solo)

La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti ha avuto effetti positivi sulle le azioni del comparto bancario. In scia al generale rialzo dei tassi di interesse (positivo per l’industria del credito) verificatosi dopo il voto negli Usa, gli indici bancari in Europa e Stati Uniti hanno guadagnato rispettivamente il 4 e il 12 per cento.

Le azioni delle banche italiane si sono inizialmente accodate a questo trend salvo poi prendere una direzione radicalmente diversa nelle ultime quattro sedute quando, a fronte di un andamento invariato dell’indice Stoxx Europe Bank il paniere Ftse Italia Bank ha perso oltre il 9 per cento.

Anche nei giorni dei rialzi post-elezioni americane, quando il trend era rialzista, il paniere settoriale italiano ha sottoperformato l’analogo indice europeo guadagnando l’1,94% nelle tre sedute post-voto contro un +3,87% dello Stoxx Europe Banche. Una reazione anomala dato che in genere le banche italiane tendono ad amplificare (al rialzo e al ribasso) le oscillazioni dell’indice europeo.

La principale ragione di questa debolezza risiede nell’incertezza politica legata all’avvicinarsi del Referendum costituzionale del 4 dicembre. Un appuntamento che viene considerato da analisti e gestori il prossimo importante test per misurare la potenza di fuoco dell’onda anti-establishment che ha scosso, a giugno il Regno Unito con il referendum sulla Brexit, e la scorsa settimana gli Stati Uniti con la vittoria di Trump.

Anche se Renzi ha più volte cercato di fare marcia indietro sulla personalizzazione del referendum («Se vince il no mi dimetto), è opinione piuttosto diffusa che, in caso di vittoria del no, la tenuta dell’esecutivo potrebbe seriamente essere messa in discussione. Specie se dovesse esserci uno scarto maggiore del previsto.

Altri indicatori del «rischio Paese», come lo spread Italia-Spagna (balzato ai massimi da giugno 2012) o i derivati sul rischio default (il prezzo dei Cds a 5 anni sull’Italia è ai massimi dal post-Brexit) danno una chiara indicazione di come sui mercati si guardi con preoccupazione all’appuntamento elettorale.

Va comunque ricordato che, se sul fronte obbligazionario il «rischio Paese» è in qualche modo attenuato dagli acquisti di titoli messi in atto dalla Bce nell’ambito del Quantitative easing, su quello azionario non c’è alcuna rete di protezione. Non è un caso che da inizio anno il settore bancario abbia perso il 44 per cento.

Se negli anni della crisi dello spread era la svalutazione dei titoli di Stato a contagiare il settore bancario visto il suo status di primo acquirente di BoT e BTp oggi succede il contrario. Il rifinanziamento del debito pubblico, grazie alla Bce, non è più un problema per lo Stato. In compenso lo è la crisi delle banche che devono rispettare i rigidi criteri della vigilanza europea con la zavorra delle sofferenze bancarie (84,7 miliardi di euro al netto degli accantonamenti).

Proprio in coincidenza con il delicato test elettorale, il settore bancario dovrà peraltro fare i conti con quello che è considerato il più importante banco di prova: l’aumento di capitale del Monte dei Paschi di Siena. Un’operazione, quella sul capitale della banca senese, che si fonda su tre pilastri: la conversione del debito subordinato in azioni, la cessione di 27,6 miliardi di Npl lordi, e raccolta sul mercato di 5 miliardi di euro di nuovo capitale. Su quest’ultimo fronte la partita bancaria si intreccia con quella politica dato che un contesto di instabilità politica rischia di scoraggiare i grandi investitori dall’aderire all’offerta.

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